Propongo ai lettori di Briciole filosofiche questo breve sunto del primo capitolo della Summa contra Gentiles si Tommaso d’Aquino, a cura di Mario Padovano.
Il termine «gentili», presente nel titolo, indica i pagani ai quali Tommaso si rivolge per mostrare la «verità della fede cattolica».
La Summa si compone di quattro libri: nei primi tre Tommaso affronta le verità raggiungibili con la sola ragione e che, in quanto tali, possono essere accolte anche da giudei e islamici; nel quarto, invece, l’Autore di concentra sulle verità di fede [Giovanni Covino].
La Summa contra Gentiles di Tommaso d’Aquino si apre con un capitolo dedicato al compito del sapiente. Per il Dottore Angelico il sapiente ha come compito la considerazione della verità in quanto tale
e integralmente difenderla. Per provare ciò Tommaso offre una serie di ragioni che possiamo dire
sono incluse in una sorta di entimema e dunque una concatenazione di sillogismi.

La prima affermazione che fa è tratta da Aristotele (Topic., II, c.I,n.5) e dice che il sapiente è colui che sa ordinare e ben governare le cose. Da qui egli enuncia un primo principio generale, che fa da prima ragione, e cioè che è il fine che determina la regola o la norma di quanto ad esso è ordinato. In questo modo passa a distinguere tra scienze architettoniche e scienze, ossia principali, e scienze subordinate (es. medicina/arte
farmaceutica; arte nautica/cantieristica navale; arte militare/maneggio di callo, ecc.). Il punto in comune è
che la scienza architettonica considera il fine verso cui si dirigono anche le altre in sé stesso. Similmente il sapiente che considera non un fine particolare come le singole scienze principali ma il fine universale.
È implicito che allora la sapienza sarà una disciplina meta-architettonica, anche se Tommaso d’Aquino non lo dice esplicitamente. Così poiché il fine ultimo di ogni cosa è quello voluto dalla Causa prima che è un’intelligenza ne deriva che il fine universale consiste in un bene intellettuale. E poiché il bene dell’intelletto è la verità, se ne conclude che questa sarà il fine dell’universo. E siccome il sapiente considera il fine universale in sé stesso allora egli deve avere come compito principale la considerazione della verità in sé stessa. È così provata la prima parte dell’affermazione in questione: il sapiente considera la verità in sé stessa. Tocca da dimostrare che egli pure la deve difendere. L’Aquinate anche qui ricorre ad una ragione analogica: come la medicina persegue la guarigione e respinge il suo contrario così la sapienza persegue la verità e respinge la falsità, per il principio universalissimo per cui una identica realtà deve perseguire una data cosa e respingere il suo contrario.
Dunque, ricapitolando, il compito del sapiente consiste nel considerare la verità in sé stessa, esporla e difenderla, ossia perseguirla in tutto e per tutto.
Mario Padovano



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