Ricevo e pubblico volentieri questo contributo sulla dottrina sociale della Chiesa che va ad arricchire la sezione del mio sito web intitolata Fides&Ratio. In questo articolo, l’Autore pone la propria attenzione sull’attualità della riflessione della magistero della Chiesa sulle questioni sociali, partendo dall’enciclica di Leone XIII, Reruma novarum, arrivando alle recenti dichiarazioni di papa Prevost.
L’Autore, Giuseppe Lubrino (1990), è un docente di religione e studioso del pensiero di Joseph Ratzinger. Ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze Religiose e attualmente insegna a Torre Annunziata. Collabora con diverse riviste culturali e teologiche e ha già pubblicato tre libri: Introduzione al pensiero di Joseph Ratzinger: una paideia cristiana (2023), In cammino per la Quaresima con Benedetto XVI (2025) e Giovani, Fede e Identità: Un Percorso di Crescita con Benedetto XVI (2025).
Buona lettura [Giovanni Covino].
Questa riflessione si propone di esplorare la Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) e le sue implicazioni per il bene comune, con particolare attenzione al contributo fondamentale di Papa Leone XIII e della sua enciclica Rerum Novarum (RN). Pubblicata nel 1891, la “Rerum Novarum” è unanimemente riconosciuta come il punto di partenza della DSC nell’epoca moderna, il primo documento ufficiale con cui la Chiesa Cattolica è entrata a pieno titolo nel dibattito politico, morale e culturale della società. L’obiettivo era, ed è tuttora, incarnare i principi del Vangelo nella convivenza sociale e politica, promuovendo la dignità della persona umana, la pace, la giustizia e la solidarietà.
La DSC non è un semplice insieme di documenti, ma un sistema di pensiero articolato che esprime la riflessione della Chiesa sulle grandi questioni umane. Come sottolinea il filosofo Francesco del Pizzo, i suoi elementi “genetici” risiedono nella Parola di Dio (Rivelazione) e nella storia dell’umanità. In questa prospettiva, la historia salutis va letta come l’incontro tra Dio e l’umanità, culminato nell’incarnazione di Gesù Cristo. È proprio in virtù di questo “mistero” – che Dio si è fatto uomo – che la Chiesa detiene una competenza in materia sociale, offrendo all’umanità una guida per orientarsi verso un autentico e pieno sviluppo in ogni ambito: dalla società alla politica, dall’economia al lavoro. La DSC facilita la comprensione della realtà alla luce della rivelazione biblica, così come la Chiesa l’ha ricevuta, compresa e tramandata attraverso l’educazione.
Rerum Novarum: una risposta ai mali del capitalismo
La Rerum Novarum di Leone XIII nasce dalla necessità di affrontare la questione operaia. L’enciclica del 1891 sottolinea l’importanza di un “equilibrio” e di una “giustizia” tra i diritti dei datori di lavoro e quelli dei dipendenti. Nell’ottica del bene comune, i lavoratori vanno tutelati, protetti, retribuiti adeguatamente e mai sfruttati. Al contempo, anche i datori di lavoro meritano rispetto nel loro ruolo. L’enciclica critica aspramente il capitalismo estremo che lede la dignità e ignora le reali esigenze dei lavoratori. Promuove invece la cooperazione tra le classi sociali come antidoto alle ingiustizie e via per il benessere di tutti.
L’enciclica di Leone XIII è imperniata sul principio della solidarietà, intesa come garanzia di giustizia e collaborazione. Essa condanna il capitalismo che riduce l’uomo a schiavo e riconosce il diritto alla proprietà privata solo se concepita e utilizzata in funzione del bene di tutti. L’enciclica incoraggia il dialogo e la cooperazione per costruire la pace e attenuare i conflitti, stabilendo la giustizia tramite l’amore. Come recita un passaggio chiave: «La concordia fa la bellezza e l’ordine delle cose, mentre un perpetuo conflitto non può dare che confusione e barbarie.»
Il bene comune, nella prospettiva cattolica, non è la mera somma di beni individuali. Esso mira a creare e favorire le condizioni necessarie affinché ogni società possa realizzarsi pienamente, ponendo a fondamento di ogni azione la dignità della persona umana e promuovendo lo sviluppo della vocazione di ciascuno.
Attualità della DSC: dalla Città di Dio alle sfide contemporanee
In questa prospettiva, è illuminante richiamare l’opera emblematica di Sant’Agostino, La Città di Dio (413-426 d.C.). Agostino descrive l’intrinsecarsi di due città che coesistono fino alla parusia: la città degli uomini e la città di Dio. Quest’opera è un’apologia del Cristianesimo e una teologia della storia che interpreta la vicenda umana alla luce della Provvidenza Divina. È il Dio di Gesù Cristo che, in modo misterioso ma reale, guida le sorti degli eventi storici, orientandoli verso la realizzazione del Regno di Dio.
Il bene comune non è un’utopia, ma un obiettivo possibile e realizzabile già “nel qui e ora” della storia. Richiede di promuovere una vera e propria educazione delle coscienze, affinché ognuno possa sviluppare la capacità di distinguere il bene dal male e scegliere il bene, evitando il male – che, nella visione agostiniana, è assenza di bene.
A partire da queste premesse, l’insegnamento della DSC si rivela estremamente attuale di fronte alle sfide del contesto socio-culturale odierno: la crisi climatica, l’intelligenza artificiale (AI) e l’economia digitale, i conflitti globali, l’etica della tecnologia e la difesa della vita umana, minacciata da logiche che ne negano l’inviolabilità. Il Cristianesimo, attraverso la DSC, parte dalla convinzione che l’uomo è frutto del pensiero e dell’amore di Dio, creato a sua immagine e somiglianza, chiamato a realizzare pienamente il suo potenziale umano. Come? Sviluppando la capacità di ascolto e ponendo la propria coscienza alla scuola della Parola di Dio, lasciandosi educare e formare al bene. Come afferma la Scrittura: «Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona» (2 Tm 3,16-18).
La ricerca e l’instaurazione del “bene comune” nel tessuto sociale e culturale non sono solo parte integrante della missione evangelizzatrice della Chiesa (cfr. Mt 28,19-20), ma devono essere la prerogativa di ogni persona di buona volontà, dotata di intelligenza e libertà. Impegnarsi per il bene comune significa edificare concretamente una società più giusta e solidale. Attraverso il dialogo e il confronto pacifico, le religioni e le istituzioni politiche possono e devono lavorare insieme per realizzare il bene comune, fondamento della democrazia e della tolleranza in ogni paese civile.
Il Magistero di papa Leone XIV e le sfide del nostro tempo
In questa stessa linea si colloca il magistero di papa Leone XIV. Lo scorso 21 giugno, in occasione del discorso per il Giubileo dei Governanti, il Santo Padre ha evidenziato tre punti cruciali per la promozione del bene comune, richiamando proprio la Rerum Novarum:
- Contrastare la disuguaglianza economica e la povertà: Papa Prevost ha esortato i governanti a farsi promotori di una “buona e sana politica”, affermando: «Quanti vivono in condizioni estreme gridano per far udire la loro voce e spesso non trovano orecchie disposte ad ascoltarli. Tale squilibrio genera situazioni di permanente ingiustizia, che facilmente sfociano nella violenza e, presto o tardi, nel dramma della guerra. Una buona azione politica, invece, favorendo l’equa distribuzione delle risorse, può offrire un efficace servizio all’armonia e alla pace sia a livello sociale, sia in ambito internazionale.» Questo significa arginare il divario tra le troppe ricchezze in poche mani e il dilagare della povertà.
- Promuovere la libertà religiosa e il dialogo interreligioso: Il Papa ha sottolineato l’urgenza che tutte le Tradizioni Religiose cooperino per difendere e promuovere valori universali di pace, fratellanza e amore: «Credere in Dio, con i valori positivi che ne derivano, è nella vita dei singoli e delle comunità una fonte immensa di bene e di verità. Sant’Agostino, in proposito, parlava di un passaggio dell’uomo dall’ amor sui – l’amore egoistico per sé stesso, chiuso e distruttivo – all’amor Dei – l’amore gratuito, che ha la sua radice in Dio e che porta al dono di sé –, come elemento fondamentale nella costruzione della civitas Dei, cioè di una società in cui la legge fondamentale è la carità (cfr De civitate Dei, XIV, 28).» Tale passaggio richiede impegno, volontà, determinazione e apertura del cuore. In questo senso, è fondamentale riscoprire il carattere educativo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sorretta dalla Legge naturale: «La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata e proclamata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948, appartiene ormai al patrimonio culturale dell’umanità. Quel testo, sempre attuale, può contribuire non poco a mettere la persona umana, nella sua inviolabile integralità, a fondamento della ricerca della verità, per restituire dignità a chi non si sente rispettato nel proprio intimo e nelle esigenze della propria coscienza.»
- Affrontare la sfida dell’Intelligenza artificiale: Infine, il Papa agostiniano ha focalizzato l’attenzione sulla sfida posta dall’AI alla società e alla vita umana: «Non bisogna dimenticare che l’intelligenza artificiale ha la sua funzione nell’essere uno strumento per il bene dell’essere umano, non per sminuirlo né per definirne la sconfitta. Quella che si delinea, dunque, è una sfida notevole, che richiede molta attenzione e uno sguardo lungimirante verso il futuro, per progettare, pur nel contesto di scenari nuovi, stili di vita sani, giusti e sicuri, soprattutto a beneficio delle giovani generazioni.» L’AI è concepita come uno strumento per migliorare l’esistenza umana e facilitare lo sviluppo della conoscenza, soprattutto nei giovani, per edificare un’identità personale solida.
Un modello per i giovani: san Tommaso Moro
Per i giovani, il Papa propone un modello e un esempio da cui trarre ispirazione per conoscere, apprendere e realizzare il bene comune: San Tommaso Moro. «San Tommaso Moro fu uomo fedele alle sue responsabilità civili, perfetto servitore dello Stato proprio in forza della sua fede, che lo portò a interpretare la politica non come professione, ma come missione per la crescita della verità e del bene. Egli «pose la propria attività pubblica al servizio della persona, specialmente se debole o povera; gestì le controversie sociali con squisito senso d’equità; tutelò la famiglia e la difese con strenuo impegno; promosse l’educazione integrale della gioventù» (Lett. Ap. M.P. E Sancti Thomae Mori, 31 ottobre 2000, 4).»
Concentrarsi sul mondo della scuola e dell’istruzione è cruciale per orientare i giovani verso l’acquisizione e lo sviluppo di competenze che mirano a costruire un’identità personale definita e solida. Questo implica l’implementazione di percorsi di apprendimento che, oltre a “curare” la formazione tecnica, professionale e pratica, non trascurino di “coltivare e curare” la dimensione dell’essere. La DSC si rivela in tale ambito una risorsa pertinente e necessaria per “abilitare” l’attuale realtà complessa con consapevolezza e responsabilità.
Giuseppe Lubrino



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