Ricevo e pubblico volentieri questo contributo sulla questione educativa nei libri sapienziali della Bibbia che va ad arricchire la sezione del mio sito web intitolata Fides&Ratio. In questo articolo, l’Autore pone la propria attenzione sull’attualità della riflessione sul tema dell’educazione facendosi guidare dalla sapienza racchiusa in alcuni libri della Bibbia.
L’Autore, Giuseppe Lubrino (1990), è un docente di religione e studioso del pensiero di Joseph Ratzinger. Ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze Religiose e attualmente insegna a Torre Annunziata. Collabora con diverse riviste culturali e teologiche e ha già pubblicato tre libri: Introduzione al pensiero di Joseph Ratzinger: una paideia cristiana (2023), In cammino per la Quaresima con Benedetto XVI (2025) e Giovani, Fede e Identità: Un Percorso di Crescita con Benedetto XVI (2025).
Buona lettura [Giovanni Covino].
Questioni introduttive
L’educazione, come un filo conduttore, ha attraversato la storia dell’umanità, presente in ogni luogo e tempo, fino ai giorni nostri. È sempre stata la palestra dell’uomo, il mezzo attraverso il quale ha appreso, maturato e compreso la propria intelligenza, volontà, memoria e capacità di pensiero. L’educazione è per l’essere umano fonte di crescita, evoluzione e sviluppo di conoscenze, abilità e competenze, consentendo di raggiungere il massimo grado di umanità possibile. È un cammino, un itinerario formativo per lo spirito umano, una paideia, ovvero un percorso completo che include istruzione, sviluppo morale, fisico e culturale, con l’obiettivo di formare un cittadino consapevole e una persona virtuosa. L’universo della Bibbia, con le sue riflessioni, non è estraneo alla questione educativa. Si ritiene che gli apporti pedagogici ed educativi contenuti nella Bibbia preservino la loro validità e attualità perenne. L’obiettivo è quello di evidenziare tali acquisizioni per fornire, alla questione attuale della violenza tra i giovani, una bussola per orientarsi. Nei libri Sapienziali: Proverbi, Giobbe, Qóelet, Siracide e Sapienza – ad esempio- la relazione educativa è caratterizzata dal rapporto padre/figlio. Questi scritti hanno avuto una lunga gestazione redazionale solitamente li si colloca tra il IX-II secolo a.C. Ed è in tale contesto che prende forma e si sviluppa il percorso formativo per l’uomo biblico. Egli apprende dalla “scuola domestica” l’importanza di ricevere e trasmettere la Tradizione, di avere un’idea “sacra” di famiglia e l’importanza e il valore salvifico della Religione. È chiaro che in tale ambito prevale una pedagogia di tipo “trasmissiva”. Il padre trasmette al figlio il sapere e quest’ultimo lo accoglie, lo custodisce e a sua volta lo trasmette fedelmente ai posteri.
Si legga quanto segue:
Figlio mio, se tu accoglierai le mie parole / e custodirai in te i miei [insegnamenti], / tendendo il tuo orecchio alla sapienza, / inclinando il tuo cuore alla prudenza, / se appunto invocherai l’intelligenza / e chiamerai la saggezza, / se la ricercherai come l’argento / e per essa scaverai come per i tesori, / allora comprenderai il timore del Signore / e troverai la scienza di Dio, / perché il Signore dà la sapienza, / dalla sua bocca esce scienza e prudenza. (Cf. Pr 2,1-6).
È evidente che il successo formativo dell’uomo biblico è profondamente legato al suo rapporto intimo con Dio. Nella Bibbia, Dio, il sommo bene, agisce come un padre che educa e guida i suoi figli, accompagnando l’uomo nelle diverse fasi della sua crescita interiore ed esistenziale. In tale contesto, si può cogliere la portata rivoluzionaria della pedagogia cristiana.
Agostino sviluppa la teoria secondo cui l’educazione è un processo intrinseco all’uomo, poiché Dio “illumina” la coscienza, guidando l’individuo verso la verità. Questo rappresenta un superamento della teoria platonica della reminiscenza: l’anima non “ricorda” la verità, ma la apprende grazie alla Grazia divina. Gesùdimora nel cuore dell’uomo, e l’apprendimento della verità avviene nella misura in cui l’uomo si apre alla grazia divina. Il maestro esteriore, in questo contesto, funge da facilitatore e guida.
Tommaso d’Aquino, invece, pone l’accento sul maestro esteriore, che aiuta l’allievo a passare dalla conoscenza potenziale a quella effettiva. L’esperienza gioca un ruolo fondamentale nel processo educativo tomistico.
Per comprendere appieno queste teorie, è essenziale considerare l’evoluzione del paradigma pedagogico-educativo nel corso dei secoli. È importante sottolineare il passaggio dalla patristica alla scolastica e le sue implicazioni. Durante la patristica, l’educazione mirava principalmente a formare “buoni cristiani” e aveva un carattere catechetico-apologetico. L’educazione era lo strumento per acquisire le virtù e raggiungere la salvezza.
Nell’Alto Medioevo (IX-XII secolo) e durante la Scolastica (XII-XV secolo), con l’avvento delle università, l’educazione divenne più strutturata e sistematica. Facilitava il dialogo tra fides et ratio, considerando la ragione come ancella della fede, contribuendo alla formazione completa dell’uomo. L’approccio educativo era prevalentemente formale e culturale, con la riscoperta dei classici.
Infine, è importante notare che nella Bibbia si possono rintracciare i “semi” di entrambe le teorie.
Il libro di Giobbe offre un’esplorazione profonda del valore educativo e catartico della sofferenza. Giobbe, un uomo giusto, affronta perdite immense, ma rimane fedele a Dio. L’esperienza del dolore non lo allontana dalla fede ma bensì lo avvicina al punto tale che Giobbe “obbliga” Dio a rendergli ragione di quanto ha vissuto e sta vivendo. Qoelet (Ecclesiaste) sottolinea come l’intelligenza senza fede sia vana e l’esistenza umana, senza Dio, sia effimera. Il Siracide evidenzia l’importanza dell’istruzione e della conoscenza per una visione politica saggia, favorendo un buon governo. Il libro della Sapienza contrappone le conseguenze delle scelte: il bene, con Dio, porta alla gioia, mentre il male conduce alla rovina. I giusti, perseverando nel bene, ricevono sapienza e benedizione.
La contrapposizione descritta getta le basi per l’insegnamento di Gesù nel Nuovo Testamento. Gesù, seguendo l’esempio degli antichi saggi, impiega le parabole (mahsal) come strumento educativo per “formare” le coscienze, illustrando il cammino del bene e rivelando la gravità del male. Le parabole, storie tratte dalla vita di tutti i giorni, svelano l’essenza e l’operato di Dio, e il rapporto che l’uomo deve coltivare con Lui per raggiungere la piena realizzazione. Nel Nuovo Testamento emerge una pedagogia progressiva e induttiva: l’insegnamento di Gesù “scava” nel profondo del cuore umano, stimolando la riflessione. Attraverso le parabole, Gesù facilita nei suoi ascoltatori la capacità critica e l’introspezione, ponendo domande che li spingono a prendere posizione e a dare una risposta. I gesti e le parole di Gesù acquisiscono un significato che trascende sempre il presente, preparando il cuore e la mente ad aprirsi al mistero e a comprenderne le profondità più nascoste.
La celebre parabola del “Seminatore”, riportata dalla tradizione sinottica dei Vangeli (cf. Mc 4,1-20; Mt 13,1-23; Lc 8,4-16), è un esempio emblematico. L’importanza di accogliere la Parola di Dio per lasciarsi guidare dai suoi insegnamenti, diventando il “terreno buono” in cui essa possa dare frutto, è illuminante. Le diverse modalità di ricezione della Parola, con le loro conseguenze, rivelano la complessità dell’educazione odierna, sottolineandone al contempo l’urgenza e la fattibilità. Tutti e tre i racconti sinottici pongono in luce l’importanza che l’uomo impari sempre meglio ad “ascoltare e comprendere” la Parola di Dio per accedere alla verità della vita. I Vangeli, in questa parabola, mettono in luce come la Parola di Dio “interpella” il cuore dell’essere umano nel profondo e lo esorta alla decisione.
Quanto detto finora, seppur brevemente, ci permette di affermare che la dimensione spirituale della vita non è semplice misticismo, ma un realismo concreto. Se i giovani di oggi mostrano un’attrazione per la violenza, ciò può essere attribuito, in parte, all’influenza del relativismo etico e del materialismo pratico. Questi fattori possono intrappolarli nel nichilismo, rendendoli insensibili attraverso il consumismo, dipendenti dalla tecnologia e, talvolta, dalle sostanze stupefacenti, allontanandoli dai valori fondamentali. Per affrontare questo problema, è essenziale dialogare con queste tendenze culturali. A tal proposito, può essere utile ricordare le parole di San Basilio Magno nella sua lettera sull’educazione. Il santo, nel contesto del confronto tra la cultura pagana e quella cristiana, suggeriva un “giusto compromesso”. Esortava i giovani ad avvicinarsi alla cultura pagana con cautela, prendendo esempio dalle api: esse si posano su tutti i fiori, ma raccolgono solo il miele migliore, evitando ciò che è superfluo. Tale insegnamento più che fornire un’immagine della fede bigotta, legalistica, pare costituisca un’esortazione pratica e concreta nell’apprendere tutto ciò che è buono e che migliora la qualità della vita e tralasciare,invece, ciò che è distruttivo e disumanizzante. Ritornare ai classici non è mera nostalgia ma indica la capacità di comprendere bene il presente per poter guardare con rinnovata speranza al futuro. Per molti giovani oggi risulta per lo più difficile immaginarsi un futuro possibile e non necessariamente caratterizzato dai problemi gravi come la salute del pianeta, la possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro adeguatamente, la stabilità affettiva ed economica. A partire da queste considerazioni, si ritiene che un approccio alla Bibbia in chiave sapienziale/esistenziale costituisce per il pianeta giovani una proposta formativa da non trascurare ma da prendere seriamente in considerazione. Ciò, al fine di poter sviluppare ed acquisire un’identità personale solida, matura e consapevole in un contesto multiculturale in rapida trasformazione.
Giuseppe Lubrino



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