Ricevo e pubblico volentieri questo contributo di Mario Padovano, un invito alla lettura del saggio Intelligenza e artificialità, pubblicato nel volume Intelligenze e artificialità. Riflessioni filosofiche e teologiche sull’Intelligenza artificiale (a cura di R. Lufrani OP, Nerbini, Firenze 2025). Il contributo è un percorso che intreccia la riflessione filosofica di matrice aristotelico-tomista, la logica matematica e la riflessione teologica al fine di rispondere ad una domanda cruciale: l’intelligenza artificiale può essere davvero “intelligente”?
Buona lettura [Giovanno Covino].
In queste pagine accompagno il lettore in un’indagine che parte da una distinzione fondamentale: l’immagine sensibile e il concetto universale, seguendo l’insegnamento di Sofia Vanni Rovighi. Da qui una doppia critica: al riduzionismo, che riduce appunto la mente al cervello, e all’emergentismo, che vede la mente come proprietà emergente della materia senza spiegare il salto dal fisico al non-fisico.
Parte fondamentale della mia riflessione è la capacità dell’intelletto di superare questa particolarità fino a cogliere l’ente in quanto tale (apprehensio entis).
Questa capacità, libera dalla materia, è per me la dimostrazione più forte dell’immaterialità dell’intelletto umano.

Invito il lettore a seguirmi anche nel terreno della logica e della computazione: mostro i limiti intrinseci degli algoritmi, incapaci di auto-definirsi senza cadere in paradossi come quello di Russell, e richiamo i teoremi di incompletezza di Gödel per sottolineare come l’uomo, a differenza della macchina, possa trascendere i propri schemi formali e riflettere sui propri concetti.
In base a quanto finora detto, rivendico due spunti che considero originali:
- L’estensione della dottrina tomista dell’astrazione, ponendo l’apprehensio entis al centro della dimostrazione dell’immaterialità dell’intelletto.
- L’applicazione dei paradossi logici di Russell alla teoria degli algoritmi, per evidenziare la radicale differenza tra intelligenza umana e artificiale.
Infine, propongo un argomento aggiuntivo: se l’intelletto fosse materiale, la scienza e i sillogismi stessi sarebbero impossibili, e ogni teoria finirebbe per contraddirsi.
Invito il lettore ad approfondire queste riflessioni, leggendo le pagine del libro Intelligenze e artificialità, dove troverà non solo un’analisi critica dell’IA, ma anche un invito a riflettere su cosa significhi davvero pensare.
Dal mio punto di vista la conclusione è chiara: una macchina può calcolare, ma solo l’essere umano può comprendere.
Mario Padovano, OP



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