La parola “critica” per chi ha studiato o studia filosofia fa venire in mente immediatamente Immanuel Kant, filosofo tedesco che ha pubblicato tre poderosi volumi utilizzando questo lemma. Per “critica”, egli intende quel «processo attraverso il quale la ragione umana prende coscienza dei propri limiti».
In senso lato, quindi, criticare è giudicare, valutare, soppesare qualcosa…
Dopo le ultime partite moltissimi hanno fatto uso di tale prezioso strumento, ma con una leggera differenza: in alcuni casi la critica ha assunto l’aspetto della distruzione dell’avversario, nel caso specifico la distruzione del Napoli di Ancelotti.
Qui non si tratta di una difesa d’ufficio, ma di una “guerra” ad un malcostume: con Ancelotti si è cominciato dal “pensionato, venuto a sistemare il figlio” e si è giunti all’Ancelotti “troppo buono e incapace di lasciare la sua impronta”.
Dove sarà la verità?
Io, da buon aristotelico, dico che è nel mezzo: l’equilibrio, nel giudizio, soprattutto in cose opinabili, è la via aurea da seguire. Ancelotti ha fatto, farà degli errori. Compito di chi guarda e/o studia le sue prestazioni è criticare nel senso suddetto: valutare, mostrandone i limiti, con l’obiettivo della crescita. È così che si diventa grandi.
Sembra una banalità. Forse lo è. Ma chissà se riusciremo, prima della fine del ciclo ancellottiano, ad operare questa metamorfosi radicale: passare dalla critica fine a stessa alla critica come espressione di giudizio onesto. Certo, è una via complicata, ma percorribile per il Napoli e per l’ambiente intorno al Napoli…
«Se non fossi preoccupato sarei superficiale, mi preoccupa però mantengo la calma, la mente fredda. È giusto valutare bene la situazione per cercare di cambiarla. La squadra ha fatto vedere determinate cose, perciò sorprende ancora di più quando non riesce a mostrarle. Per fortuna domani c’è la Champions e fino ad oggi l’abbiamo gestita bene e speriamo di continuare così»
Carlo Ancelotti
Conferenza vigilia Napoli-Salisburgo
4 novembre 2019