Nelle sua consueta analisi tattica su Il Napolista, Alfonso Fasano parla del Napoli come di un progetto incompiuto. Io, qualche giorno fa, ho parlato di un “quasi Napoli“, circoscrivendo l’analisi al gioco della squadra di Ancelotti che, sia in campionato che in Europa, ha lasciato punti pesanti (più in campionato che in Europa).
La situazione è molto complessa. Un’ovvietà, certo, ma è il rifiuto di alcune ovvietà che ha generato la crisi: dall’ovvietà “Ancelotti non è Sarri” all’ovvietà “Aurelio De Laurentiis è il presidente del Napoli”. Ciò che è ovvio è, spesse volte, il presupposto indispensabile del da farsi.
A questo punto, per portare a compimento il progetto, occorre una sterzata decisa, un cambiamento radicale. Forse è il caso di fare scelte forti e dire, ad alcuni, con le parole di uno dei maestri di Ancelotti:
«Stai bene? Allora ce la fai a salire le scale della tribuna…».
Nils Liedholm
Il Napoli, insomma, può affrontare la crisi in due modi: o soccombendo ad essa in un apatico piangersi addosso o affrontandola e raggiungendo lo status di grande. Togliere il “quasi”, questo l’obiettivo.
Grandezza significa: imprimere una direzione. – Nessun fiume è grande e ricco di per sé, ma è il fatto di ricevere e convogliare in sé tanti affluenti a renderlo tale. Ciò vale anche per ogni grandezza dello spirito. Importa solo questo: che uno imprima la direzione che poi tanti affluenti dovranno seguire, e non che uno possieda sin dall’inizio capacità grandi o piccole.
Friedrich Nietzsche
Giovanni Covino
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