In un articolo precedente, ho parlato del Napoli come di una squadra in continua trasformazione. Con la sua pacata furbizia (nel senso buono del termine), Ancelotti riesce a sorprendere continuamente. A. Fasano, su Il Napolista, parla di «calcio fluido», espressione che rende bene il concetto.
Come ha detto più volte lo stesso Ancelotti, il Napoli, in fase difensiva, si schiera con un 4-4-2 che, secondo il Nostro, copre meglio il campo, «dà alla squadra maggiore equilibrio». Il discorso sul modulo, tuttavia, è un discorso fuorviante: ormai nel calcio moderno la disposizione dei giocatori è relativamente importante. Non esiste più la “sua mattonella”, ma tutto è in funzione del movimento del singolo e della squadra che cerca lo spazio vuoto da creare o riempire. In questo senso, il calcio non è più un “duello” 1 vs 1, ma un gioco in cui sono di estrema importanza le velocità di pensiero e di esecuzione.
Il “sistema” di Ancelotti predilige appunto l’imprevidibilità del movimento: non si tratta di un ingranaggio, di cose da fare come compiti, ma di movimenti continui che, soprattutto in fase offensiva, aumentano le possibilità di soluzione. In un certo senso, è un calcio più complesso perché lascia esprimere il giocatore con ragionata imprevedibilità.
Naturalmente, nel calcio, come in tante cose della vita, ci sono tantissime variabili. Attualmente, il Napoli di Ancelotti non ha continuità: è vittima di se stesso. In questa stagione ha lasciato tanti punti per mancanza di applicazione, ma è possibile invertire la rotta. Si pensi, per fare qualche esempio, al Napoli che ha sfidato, nell’edizione passata della Champions, il Paris Saint-Germain oppure, per parlare di quest’anno, delle sfide contro il Liverpool e l’Atalanta.
I giocatori, in queste partite, hanno mostrato che il “sistema Ancelotti” è applicabile e può portare risultati apprezzabili sia formalmente (il bel calcio) che materialmente (i risultati).
Paris-Liverpool-Atalanta. Ricominci(am)o da tre.
Giovanni Covino
Pingback: L'intelligenza tattica di Giovanni Di Lorenzo, giocatore "ancelottiano" | Briciole filosofiche