Sofferenza e sacrificio. In coppa il Napoli mostra che il problema è l’applicazione, non il modulo

Il Napoli, contro i “leoni” della Lazio (“leoni” è la metafora usata, su Instagram dal buon Ciro dopo la partita), ha fatto la sua partita ordinata, una partita di sofferenza e sacrificio. Parole d’ordine: sofferenza e sacrificio.

Ciò che ha colpito, oltre alla splendida giocata di Insigne al 2′ minuto di gioco, è stata l’applicazione della squadra (al di là di alcuni errori, come quello di Hysaj). Dopo una prestazione scialba (per usare un eufemismo) il Napoli ha mostrato ancora una volta che nel calcio l’applicazione mentale ha un ruolo fondamentale e il modulo un’importanza relativa. Lo stesso Gattuso non ha mancato di dirlo in conferenza: la prima cosa – ha detto – è «tornare a essere squadra, ad avere voglia di soffrire» e che «non si può giocare sempre di fioretto, bisogna giocare anche col coltello tra i denti». Questo vuol dire che una squadra, per dirsi tale, deve avere capacità di adattamento e saper applicare le proprie conoscenze calcistiche in modo diverso durante la partita.

Le parole del mister sono state un sollievo: le prime esternazioni sembravano, infatti, una mera esaltazione del passato. Il passato è passato, vivere di nostalgia non serve e Gattuso ha mostrato, con queste parole, di averlo capito.

Guardiamo in faccia la realtà: alcuni calciatori vanno sostituiti e il ciclo di Sarri è terminato.

Mettiamo da parte le dispute sopra i massimi sistemi e risolleviamoci.

Giovanni Covino

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