Ritratti di filosofi. Blaise Pascal: attualità postmoderna e ultramoderna

Nuovo articolo o meglio nuovo “ritratto” a cura del prof. Massimo Roncoroni. Una preziosa sintesi del pensiero di Blaise Pascal: una disamina che mostra l’attualità del filosofo francese e il suo essere, in un certo senso, “post e ultra moderno” [Giovanni Covino].


L’epoca moderna che corre dal 5/600 alla fine del 1700 è caratterizzata, in positivo, dal farsi autonome delle scienze particolari naturali, mediante le opere di Leonardo da Vinci, Copernico, Keplero, Cusano, Telesio, Bruno, Galileo Galilei e Newton; il che accade in modo analogo anche per le scienze umane: con Machiavelli per la politica, Ugo Grozio per il diritto, G.B. Vico per la storia, Adam Smith per l’economia.

Il valore di detta epoca sta, dunque, nell’aver guadagnato l’orizzonte specifico della conoscenza come analisi razionale esplicativa, rigorosa e oggettiva, della realtà particolare ed effettuale, studiata a prescindere dalla sua forma filosofica e teologica, iuxta sua propria principia, nei suoi propri principi.

Si tenga sempre presente che, a livello storico strutturale, l’epoca moderna può individuarsi mediante le seguenti caratteristiche e linee di tendenza:

  • struttura temporale: si passa da una  concezione sacrale e liturgica del tempo a una concezione secolare e laica di esso;
  • struttura spaziale: con la scoperta di nuovi mondi si passa da una concezione cosmografica e cosmologica antica del mondo ad una moderna di esso;
  • struttura economica: con la rivoluzione dei prezzi si ha la  nascita del sistema di produzione, consumo e scambio capitalistico;
  • struttura sociale: da qui l’ emergere dell’egemonia della classe borghese che, progressivamente, emargina l’ordine feudale da una parte (aristocrazia terriera) e i contadini e gli artigiani dall’altra.
  • struttura giuridica: si afferma il  primato del diritto positivo-statuale sul diritto naturale, consuetudinario, giurisprudenziale, divino, con la  reazione antitetica del movimento liberale e costituzionale di tendenza giusnaturalistica;
  • struttura politica: essa è contrassegnata nell’ordine dall’affermazione dello Stato Assoluto nel 5/600, Riformista-Illuminato nel ‘700 ed età delle Rivoluzioni: inglese (1603/89), americana (1773/76), francese (1789/1815) e russa (1917-1989).

Come sovente accade nella storia umana, a livello culturale, la giusta autonomia conoscitiva guadagnata dalle scienze particolari, naturali e umane, si impone quale fattore assoluto, negando altre forme di conoscenza che non si riconducano allo statuto conoscitivo delle scienze particolari medesime. Torna alla mente, qui, un’osservazione di Leibniz, grande filosofo e matematico, secondo il quale l’errore nelle cose umane, non sta tanto in ciò che si afferma, quanto piuttosto in ciò che si nega. Frutto di tale negazione è l’ideologia o ideo/sofia (per dirla con Jacques Maritain) della mentalità moderna, quando assuma i seguenti caratteri che, se da un lato, possono aver favorito la nascita della scienza moderna, dall’altro hanno non poco contribuito al profilarsi della crisi della coscienza moderna. Essi, molto schematicamente, sono i seguenti: intenzione fondamentale pragmatica ( sapere è potere), prassistica (sapere è trasformare); utilitaristica (criterio del sapere è non tanto la verità, quanto piuttosto l’utilità); lo scientismo (solo la scienza è conoscenza); il soggettivismo fenomenico (è vero e reale, solo ciò che risulta capace di farsi fenomeno conoscibile da sensi e ragione del soggetto umano); matematicismo (solo la matematica è vero sapere); fisicismo (solo la fisica è vero sapere). Se tali sono le premesse della mentalità moderna, le sue conseguenze sono le seguenti:

  • la scissione e disintegrazione dell’unità dell’esperienza umana, sintesi di vita pensata e pensiero vissuto, nell’orizzonte del vivibile umano da una parte e dello sperimentabile scientifico dall’altra; il primo ridotto all’ambito del privato, del soggettivo, dell’arbitrario, in sintesi del non oggettivamente significativo; il secondo, proprio dell’ambito pubblico, del rigoroso, dell’oggettivo, in sintesi del significativo oggettivamente.
  • La scissione e disintegrazione dell’unità dell’atto conoscitivo, sintesi concreta di ragione e di esperienza sensibile, divise, assolutizzate e contrapposte in razionalismo (solo la ragione ragionante conta) ed empirismo (solo l’esperienza sensibile e computabile conta).
  • La scissione e disintegrazione dell’unità dell’atto di essere, concreta sintesi d’essenza e di esistenza, rispettivamente ridotte, assolutizzate e contrapposte in forma intelligibile e materia sensibile e/o in formalismo e materialismo.
  • La scissione e disintegrazione dell’unità dell’essere umano, concreta sintesi di anima e corpo, divisi, assolutizzati e contrapposti, rispettivamente in mente/pensiero e corpo/estensione, figura e movimento: mentalismo versus corporalismo; la mente da una parte, il corpo dall’altra.

Ora Pascal è dentro e insieme oltre tutto questo, rispetto ai valori della cultura moderna dal medesimo profondamente vissuti e condivisi nella loro indubbia positività. Infatti, è insieme grande matematico e fisico, grande ingegnere e costruttore e pure grande filosofo e teologo biblista, scrittore e testimone di un cristianesimo pleromatico o della pienezza. In lui v’è pieno recupero dell’unità dell’esperienza umana di vita e pensiero, e quindi dell’atto di conoscenza della realtà, dell’uomo e della connessa distinzione tra interiore ed esteriore, e soprattutto una nuova coscienza epistemologica o di vero sapere e apologetica dell’esperienza cristiana.

Pascal, dunque, non è solo attuale perché, come direbbe Eliot, è un classico, fonte perenne di verità, ma anche e soprattutto per il modo con il quale ha vissuto, pensato e lavorato nel suo tempo, per come lo ha giudicato e oltrepassato in funzione critica e profetica: si è posto alla fine dell’epoca moderna dal suo interno risultando così postmoderno in quanto ultramoderno. Scrive a questo proposito Romano Guardini:

Il lungo contatto con il pensiero di questo grande fisico, psicologo e filosofo dell’esistenza cristiana mi aveva fatto comprendere quale particolare posizione egli occupi nei confronti dell’epoca moderna. Egli appartiene al numero di coloro che con il pensiero e la vita segnano la pienezza di questa epoca; ma, mentre Descartes, il grande contemporaneo e avversario di Pascal, si realizza in essa compiutamente, Pascal la supera, oltrepassandola. Non solo perché sviluppa pensieri e assume atteggiamenti che soltanto nella nostra epoca riveleranno il loro significato pieno, ma perché, mentre ancora l’epoca moderna è nel suo pieno rigoglio egli assume di fronte ad essa una posizione critica…che ne intuisce la fine… e mi è sembrato che nei tempi che avanzano non ci sia posto per Descartes, mentre Pascal è vicino, vivo e ci presta il suo aiuto.

LA FINE DELL’EPOCA MODERNA, Brescia 1960, pp. 9-10 passim

Pascal è, dunque, il testimone intellettuale e morale della fine dell’epoca moderna perché la vive così profondamente da prenderne distanza critica e da risultare, nella sua valenza poliedrica, postmoderno in quanto ultramoderno e perciò più che contemporaneo, attuale e profetico. E tale lo giudicano pure da posizioni tra loro di netta differenza, Guardini e Nietzsche, che lo giudica “l’unico cristiano non bigotto dell’età moderna”, e il filosofo marxista Lucien Goldmann per il quale Pascal è grande perché ha rotto gli schemi della cultura moderna nel suo aspetto riduttivo ed escludente, per riscoprire sentimento e senso dell’esistenza come dramma storicamente e mondanamente tragico dell’uomo: “un nulla di fronte al tutto e un tutto di fronte al nulla”, nel suo esser gettato nel mondo sotto la spada di Damocle  del morire e del continuo venir meno.

In un  universo di radicale contingenza, Pascal intende riguadagnare l’unità concreta dell’esperienza umana e, in essa, l’unità concreta dell’atto di conoscenza, sintesi di scienza, “spirito di geometria”, e di saggezza, “spirito di finezza”; di recuperare per ciò l’unità concreta dell’esistenza nella complessità di tutti i suoi fattori esistenzialmente vissuti ed esperiti, prima che razionalmente sistematizzati, spiegati e compresi (vedi la posizione dell’uomo nel cosmo quale ente in perpetuo moto, in perenne instabile equilibrio tra “grandezza esaltante” e “ miseria deprimente” che continuamente accompagnano ogni nostro atto). Pascal propone finalmente di recuperare l’unità dell’atto umano, propria di un uomo che, al di là di “libido sentiendi, cognoscendi ac dominandi” (libidine di sentire, conoscere e dominare) sa porsi con verità di fronte a se medesimo, gli altri, le cose e Dio, per decidere del senso della vita nella quale si trova imbarcato.

Per quanto riguarda il metodo di Pascal, a livello letterario e filosofico, esso è di tipo aforistico e logicamente confutatorio e si attua in sede di giudizio e ragionamento ricorrendo all’uso sistematico del principio di non contraddizione e della dimostrazione per assurdo. Tale metodo Pascal lo impiega pure in apologetica come difesa di razionalità e ragionevolezza proprie dell’assenso alla fede cristiana, tenuto conto che, come avverte Agostino, “una fede non pensata non è vera fede,ma fede nulla”, specialmente quando imposta l’argomento della scommessa, il seguente: nella vita siamo inevitabilmente imbarcati, che lo vogliamo o meno, non possiamo non scegliere un senso dell’esistenza: se puntiamo sul tutto che il cristianesimo promette, se vinciamo vinciamo tutto; se invece perdiamo, non perdiamo niente, perché niente c’era da vincere.

Se poi nemmeno scommettiamo, rischiamo di perdere tutto, nel caso il tutto esista e di perderlo per niente; dal momento che scommettere sul tutto non ci costa niente, ne risulta che abbiamo solo da guadagnarci.

Per questo, nel rapporto fra cristiano e ateo (nel ‘600 gli atei erano detti libertini in quanto sostenevano il libero pensiero libero), se ha ragione il cristiano, vincono tutti e due, giacché il tutto è per entrambi; se invece avesse ragione l’ateo, perderebbero tutti e due poiché entrambi sarebbero attesi dal nulla, dalla vanità delle vanità. L’ipotesi cristiana, dunque, si presenta quale ipotesi più potente a dar ragione dell’esistenza in quanto è veramente l’ipotesi della pienezza del cuore umano e, per essa, la vittoria del protagonista, il cristiano, coincide con la possibilità di resurrezione per l’antagonista, l’ateo, il libertino.

Il Cristianesimo, da questo punto di vista, non è un “ismo” accanto ad altri “ismi”, ma l’unica possibilità di razionale e ragionevole speranza per l’uomo vero e intero, per chi cerchi gemendo.

Massimo Roncoroni


Esempi di pensieri pascaliani ad illustrare quanto sin qui detto

a cura di M. Roncoroni

Sulla matematica, conoscenza necessaria, ma non sufficiente dell’esistenza umana

Per parlarvi francamente della matematica, io la stimo il più alto esercizio della mente, ma, insieme la giudico tanto inutile da far ben poca differenza tra un uomo che sia solo un matematico e un  abile artigiano. Così io chiamo la matematica il più bel mestiere del mondo, ma, in fin dei conti, essa è solo un mestiere; e spesso ho detto che serve a saggiare le nostre forze, ma non a costituirne l’impiego (Lettera a Pierre Fermat, 10/VIII/1660).

Sui rapporti fede/ragione

Due eccessi: escludere la ragione; ammettere soltanto la ragione. Se si assoggetta ogni cosa alla ragione, la nostra religione non avrà più nulla di misterioso e di sovrannaturale; se si offendono i principi della ragione, essa sarà assurda e ridicola (Pensiero 128-129).

Sottomissione e retto uso della ragione: in ciò consiste il vero cristianesimo ( Pensiero 137).

Sant’Agostino: la ragione non si sottometterebbe mai, se non giudicasse che vi siano casi nei quali ci si deve sottomettere. Dunque è giusto che si sottometta, quando giudica di doverlo fare (Pensiero 138).

Il supremo passo della ragione sta nel riconoscere che c’è un’infinità di cose che la sorpassano. È ben debole se non giunge a riconoscerlo. Nulla è così conforme alla ragione come questa confessione della ragione (Pensiero 139).

La fede insegna quel che i sensi non dicono, non il contrario di quel che vedono. È sopra, non contro ( Pensiero 141).

Lo studio dell’uomo

Bisogna conoscere se stessi: quand’anche non servisse a trovare la verità, giova per lo meno a regolare la propria vita; e non  v’è nulla di più giusto (Pensiero 173).

Vanità delle scienze

Nei giorni di afflizione, la scienza delle cose esteriori non varrà a consolarmi dell’ignoranza della morale; ma la conoscenza di questa mi consolerà sempre dell’ignoranza del mondo esteriore (Pensiero 174). Scrivere contro coloro che approfondiscono troppo le scienze. Descartes (Pensiero 175).

Avevo trascorso gran tempo nello studio delle scienze astratte, ma la scarsa comunicazione che vi si può avere con gli uomini me ne aveva disgustato..

Quando iniziai lo studio dell’uomo, capii che quelle scienze astratte non si addicono all’uomo e che mi sviavo di più nella mia condizione con l’approfondirne lo studio, che gli altri con l’ignorarle.

Ho perdonato agli altri di saperne poco; ma credevo almeno di trovare molti compagni nello studio dell’uomo e che fosse questo il vero studio che gli è proprio.

Sbagliavo.

Son meno ancora di quelli che studiano le matematiche. Solo perché si è incapaci di quello studio si cerca tutto il resto.; o piuttosto non è nemmeno questa la scienza necessaria all’uomo. Ed è meglio per lui ignorare se stesso se vuol essere felice? (Pensiero 176)

L’uomo è manifestamente nato a pensare; qui sta tutta la sua dignità e tutto il suo pregio.; e tutto il suo dovere sta nel pensare rettamente. Ora, l’ordine del pensiero esige che cominci da sé, dal suo autore e dal suo fine. Ora a che pensa la gente? Mai a questo, bensì a ballare, a suonare il flauto, a cantare,a far versi, a correre all’anello, eccc. A battersi, a farsi re, senza pensare a quel che significa essere re  ed esser uomo (Pensiero 177)..

È indubbio che affermare che l’anima è mortale produce una radicale differenza nella morale. Eppure i filosofi hanno costruito la loro morale indipendentemente da ciò: si sono proposti di passare un’ora. Platone per predisporre al cristianesimo (Pensiero 200).

Falsità dei filosofi che non discutono dell’immortalità dell’anima (Pensiero 201).

Ateismo: indizio di forza intellettuale, ma solo fino a un certo punto (Pensiero 207).

Perché la mia conoscenza è limitata? E la mia statura? E la mia durata è di 100  anni, anziché di 1000? Quale ragione ha avuto la natura di darmela tale e di scegliere questo numero piuttosto di un altro, tra gli infiniti numeri di cui non c’è ragione di scegliere l’uno piuttosto dell’altro, dal momento che nessuno ha più attrattive degli altri? (Pensiero 218).

Tutto si perde. È orribile sentire venir meno tutto quel che possediamo (Pensiero 219).

Quando considero la breve durata della mia vita, sommersa nell’eternità che la precede e la segue, il piccolo spazio che occupo e che vedo, inabissato nell’infinita immensità degli spazi che ignoro e che mi ignorano, io mi spavento e stupisco di trovarmi qui piuttosto che là, non essendovi ragione alcuna perché io sia qui piuttosto che là, oggi piuttosto che domani.Chi mi ci ha messo? Per ordine e per opera di chi questo luogo e questo tempo furono destinati a me? (Pensiero 220)

Quanti regni mi ignorano? (Pensiero 221)

Il silenzio di quegli spazi infiniti mi sgomenta (Pensiero 222).

Sul metodo di Pascal quale “metodo del paradosso” o dimostrazione per assurdo

Scrive al riguardo E. Cassirer, in La filosofia dell’Illuminismo (Firenze 1935 pp 202-4): Qui la paradossalità della metodica di Pascal, il contrasto fra risultato e procedimento mediante il quale viene raggiunto appaiono evidenti. L’incomprensibile (in questo caso il mistero del male e del peccato originale si rivela come condizione necessaria dello stesso “intelligere”, “comprendere”; il mistero costituisce l’unica ipotesi valida capace di spiegare e chiarire i fenomeni della nostra guida interiore…motivo questo – prosegue lo studioso tedesco- che Pascal desume dalla medesima sua esperienza scientifica; il concetto che nel campo delle verità di fatto, quel che decide della validità di un’ipotesi o di una teoria non è la sua intrinseca intelligibilità, ma la sua capacità di dar ragione dei fenomeni. Ora il peccato originale è certo un fatto incomprensibile, ma è, d’altro canto la sola dottrina capace di spiegare duplicità e contraddittorietà dell’uomo. Per questo, rifiutarsi di ammetterne la possibilità significa rinunciare a rendersi conto della realtà data; e quindi contraddire gli stessi principi della ragione.

Posizione di apertura radicale di chi sia cristiano alla realtà delle cose tutte

Fr. 558

Amo tutti gli uomini perché sono tutti riscattati.

Amo la povertà perché Egli l’ha amata.

Amo i beni di fortuna perché danno il mezzo di assistere i miseri.

Serbo fedeltà a tutti, non rendo il male a coloro che me ne fanno, ma auguro loro una condizione simile alla mia, nella quale dagli uomini non si riceve né bene né male.

Mi studio di essere giusto, veritiero, sincero e fedele con tutti gli uomini e ho una tenerezza particolare per coloro cui Dio mi ha più strettamente unito; e, sia che mi trovi solo a cospetto degli uomini, ho in tutte le mie azioni, dinanzi agli occhi, Dio, che le deve giudicare e al quale le ho tutte consacrate.

Ecco quali sono i miei sentimenti e ogni giorno della mia vita benedico il mio redentore che li ha messi in  me e che, di un uomo pieno di debolezza, miseria, concupiscenza, orgoglio, ambizione, ha fatto un uomo esente da tutti questi mali, in virtù della sua grazia alla quale è dovuto tutto il merito,non avendo io, da me stesso, se non la miseria e l’errore”.

Pochi giorni dopo i funerali di Pascal un domestico si accorse di un pezzo di carta cucito all’interno del corpetto che il filosofo aveva indossato fino alla morte. Si trattava di una piccola pergamena scritta da Pascal la notte del 23 novembre 1654; venne denominata Memoriale, nome che tuttora conserva. Si è discusso molto se si sia trattato di un fenomeno mistico: a noi sembra importante soprattutto la polemica con “il Dio dei filosofi e dei sapienti”.

L’anno di grazia 1654, Lunedí, 23 novembre, giorno di san Clemente papa e martire e di altri nel martirologio, Vigilia di san Crisogono martire e di altri.

Dalle dieci e mezzo circa di sera sino a circa mezzanotte e mezzo.

Fuoco.

Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei sapienti.

Certezza, Certezza.

Sentimento.

Gioia. Pace.

Dio di Gesú Cristo.

Deum meum et Deum vestrum.

“Il tuo Dio sarà il mio Dio”.

Oblio del mondo e di tutto, fuorché di Dio. Lo si trova soltanto per le vie insegnate dal Vangelo. Grandezza dell’anima umana. “Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto”. Ch’io non debba essere separato da lui in eterno. Gioia, gioia, gioia, pianti di gioia. Mi sono separato da lui. Dereliquerunt me fontes aquae vivae. “Mio Dio, mi abbandonerai?”. “Questa è la vita eterna, che essi ti riconoscano solo vero Dio e colui che hai inviato: Gesù Cristo”. Gesù Cristo. Gesù Cristo. Mi sono separato da lui; l’ho fuggito, rinnegato, crocifisso. Che non debba mai esserne separato. Lo si conserva soltanto per le vie insegnate dal Vangelo. Rinuncia totale e dolce. Sottomissione intera a Gesù Cristo e al mio direttore. In gioia per l’eternità per un giorno di esercizio sulla terra. Non obliviscar sermones tuosAmen.

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