Luca Gili è professore presso l’Università del Québec a Montréal (clicca qui). È autore di numerosi articoli scientifici e di importanti studi sulla logica di Aristotele. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: La sillogistica di Alessandro di Afrodisia : Sillogistica categorica e sillogistica modale nel commento agli Analitici Primi di Aristotele (2011).
Professor Gili, vorrei cominciare questo nostro incontro dalla figura di Aristotele. Potrebbe dirci qualcosa su questo pensatore tanto importante
Secondo la bella definizione di Dante, Aristotele è il “maestro di color che sanno” (Inf. IV, 131). Lo è perché ci ha insegnato a guardare le cose con curiosità e stupore, con quell’atteggiamento umile e di buon senso, tipico dell’uomo comune, ma non degli intellettuali. Secondo Aristotele è possibile conoscere la realtà e i nostri concetti devono spiegarla, sforzandoci, nella misura del possibile, di comprenderla. Dante aveva capito che Aristotele è un vero sapiente per questo motivo. Aristotele ha scritto su ogni argomento filosofico, ma sempre con quell’umiltà intellettuale che è la cifra del vero sapiente. Da Aristotele più che le risposte dovremmo imparare il metodo – salvo poi giungere, probabilmente, a molte delle sue conclusioni, ma come una nostra conquista.
Questo breve profilo fa capire perché sia tanto importante, nella storia del pensiero, lo Stagirita: ha trattato, e sistematizzato, tantissimi argomenti. Un’opera davvero monumentale. Ora vorrei soffermarmi sull’opera intitolata Topici: Lei ha studiato a fondo questo testo e, in uno dei Suoi studi, ne ha sottolineato l’importanza. Ci può dire qualcosa?
I Topici sono un’opera in otto libri nella quale Aristotele affronta il ragionamento dialettico. La prima cosa da sottolineare è che per Aristotele esiste una corrispondenza tra il linguaggio e il reale. Lo studio del linguaggio è dunque la chiave d’accesso alla conoscenza del reale. Nei Topici Aristotele si interroga sulle argomentazioni dialettiche, ossia quelle che avvengono nel contesto di un dialogo strutturato secondo regole. Molte delle ricerche di Aristotele sono condotte, a mio parere, in modo almeno implicitamente dialettico. Anche questo è un elemento estraneo alla nostra mentalità contemporanea, in cui il dialogo è spesso “tra sordi”. Il dialogo aristotelico è congegnato per chiarire i concetti e scovare contraddizioni, nella certezza che colui che pone domande e colui che risponde cooperano in una ricerca comune, al di là della opposizione dialettica in cui si calano per rispettare “le regole del gioco”. Il metodo di Aristotele può quindi riassumersi in una analisi del linguaggio che dischiude la conoscenza del reale. E i Topici sono l’opera in cui lo Stagirita affronta direttamente il problema della metodologia filosofica.
Davvero interessante. In modo particolare il discorso sulla metodologia filosofica. Può approfondire questo aspetto. Cosa rende un discorso scientifico? In altre parole, cosa differenzia l’opinione dalla scienza?
Aristotele segue il suo maestro Platone nella caratterizzazione della “scienza” (in greco: ἐπιστήμη) come un sapere stabile e immutabile – un sapere che include quindi la matematica e la filosofia, che sono “conoscenze scientifiche” ovvero “scienze” tanto quanto la “fisica”. L’opinione è una credenza che non ha il carattere della verità stabile ed eterna. Aristotele affronta il discorso scientifico negli Analitici Secondi e lì definisce scientifico quell’argomento che parte da premesse vere, necessarie e prime, nel senso che sono cause delle conclusioni. Ci si può ovviamente chiedere se Aristotele intendesse che questi argomenti debbono avere la struttura dei sillogismi nelle tre figure, o se anche altre deduzioni valide possano costituire discorsi scientifici. Ma in generale la scientificità di un discorso è data dalla validità della deduzione unita a certe caratteristiche delle premesse (essenzialmente, la loro verità e necessità). Dal punto di vista metafisico, un discorso che parla di predicazioni vere e necessarie è un discorso che riguarda le caratteristiche essenziali o comunque necessarie del reale. L’ἐπιστήμη è perciò la conoscenza di tutte le caratteristiche immutabili delle cose. Tali caratteristiche sono proprie delle specie, non degli individui.
Un altro autore poco conosciuto è Alessandro d’Afrodisia. Cosa può dirci di questo pensatore e perché ha attirato la Sua attenzione?
Alessandro di Afrodisia è un commentatore greco vissuto attorno al III secolo dopo Cristo. Sappiamo poco della sua vita, ma ci ha lasciato molte opere voluminose, soprattutto commenti ad Aristotele, ma anche trattati originali in cui espone la sua filosofia di ispirazione aristotelica. Ho finito per occuparmi di Alessandro un po’ per caso e su sollecitazione del mio primo maestro, Francesco Del Punta. Alessandro offre una ricostruzione dell’aristotelismo come “sistema”, il che probabilmente tradisce l’impianto dialettico proprio della metodologia aristotelica di cui si diceva poco fa. Una cosa buffa, ad esempio, è l’identificazione del Motore immobile (ossia il Dio della cosmologia aristotelica) con l’intelletto agente. Io mi sono interessato soprattutto ai commenti di Alessandro alle opere di logica, nelle quali il commentatore cerca di risolvere molti puzzles della teoria aristotelica. Un problema classico è quello della coerenza della sillogistica modale. Se vogliamo riprodurre i sillogismi modali nel linguaggio del calcolo dei predicati al primo ordine, con operatori modali, ci accorgiamo che Aristotele oscilla tra modalità de re e de dicto. Alessandro era consapevole del problema e cerca di risolverlo con alcuni artifici. Al di là delle soluzioni concrete offerte dal commentatore, mi ha colpito la qualità dell’esegesi antica, che coglieva perfettamente i nodi problematici della logica di Aristotele.
Un’ultima domanda sulla figura del filosofo oggi. Molte scuole di pensiero nel Novecento (ma non solo) hanno negato all’uomo la possibilità di giungere alla verità. Lei cosa pensa? Qual è oggi la “funzione” del filosofo?
Viviamo in un mondo alla rovescia. Le banche “offrono” ai risparmiatori tassi negativi, i giornalisti raccontano menzogne, i filosofi negano che si possa conoscere la verità. Ma “tutti gli uomini desiderano per natura il sapere”, come ci ricorda Aristotele nelle prime battute della sua Metafisica. Ed anche oggi i filosofi che affermano che la verità può essere conosciuta toccano la mente e il cuore di chi è sufficientemente coraggioso da seguire questo desiderio naturale piuttosto che la peer pressure che ci vorrebbe tutti davanti al televisore per dimenticare di essere uomini.
Intervista a cura di Giovanni Covino