L’integrità, la proporzione, lo splendore. Qualche parola sul concetto di bello

«La bellezza salverà il mondo». Questa frase, tratta dal romanzo L’idiota di Fëdor Dostoevskij, è una delle più celebri e, di certo, è tra le più citate: poche sono le persone che non la conoscono o che non ne hanno fatto uso, almeno una volta. In questo articolo, però, non voglio soffermarmi sul testo dello scrittore e filosofo russo, ma sul concetto di bellezza.

Che cos’è il bello?

Dal punto di vista filosofico, il bello diviene oggetto di studio specifico solo a partire dal XVIII secolo con la nascita dell’estetica o filosofia del bello. Tuttavia, i filosofi hanno sempre riflettuto su tale nozione, riflessione che può essere così schematizzata: (1) il bello come manifestazione del bene; (2) il bello come manifestazione del vero; (3) il bello come simmetria; (4) il bello come perfezione sensibile; (5) il bello come perfezione espressiva.

Come sempre, le diverse linee di ricerca, pur con qualche divergenza, rappresentano lo sforzo dell’uomo di penetrare il mistero della realtà, anche quando parlano della bellezza.

Il filosofo e teologo Tommaso d’Aquino (1225-1274) definiva il bello come «id quod visum placet», parole che il pensatore francese, Jacques Maritain (1882-1973) così commentava:

«Queste quattro parole dicono tutto il necessario: una visione, e cioè una conoscenza intuitiva, e una gioia. Il bello è ciò che dà gioia, non ogni gioia, ma la gioia nel conoscere; non la gioia propria dell’atto di conoscere, ma una gioia che sovrabbonda e trabocca da questo atto a causa dell’oggetto conosciuto».

Il bello è, dunque, legato alla conoscenza – è l’uomo che ne fa esperienza – ma, allo stesso tempo, tale conoscenza porta una certa gioia, un certo godimento dato dalla contemplazione dell’oggetto. L’oggetto, poi, presenta alcuni elementi costitutivi nel suo “essere bello”: l’integrità, la proporzione e lo splendore.

Nella tradizione metafisica classica appena richiamata, il bello si presenta, poi, come “trascendentale”, cioè come una “proprietà” fondamentale dell’ente (= ciò che ha l’essere) e che, in quanto tale, trova il suo fondamento nell’Essere per essenza, nel caso specifico che stiamo trattando, la Bellezza misurante.

In base a quanto detto, possiamo dire che la stessa opera dell’uomo, ciò che chiamiamo opera d’arte è bella quando presenta le qualità suddette ed è capace di svelare, di mostrare, per quanto possibile, la bellezza del Mistero, fondamento della realtà: «L’arte figurativa, che si pone il compito di scrutare la profondità del creato, può – afferma l’artista Rodolfo Papa – rintracciare in esso il Creatore».

Giovanni Covino


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