Incontrai per la prima volta Mons. Antonio Livi durante un convegno a Foligno sul tema La metafisica della mistica. La prima impressione è stata quella di ascoltare non solo un professore di filosofia e di teologia, ma di ascoltare un uomo e un sacerdote innamorato della sapienza. Parlava sempre del gusto della sapienza…
Questa prima impressione è stata, poi, confermata nel corso degli anni: da quel momento, infatti, ho avuto modo di conoscere sempre più Antonio Livi e ho avuto la fortuna – e ringrazio Dio per questo – di essere stato uno dei suoi collaboratori (con l’Editore Leonardo da Vinci, ma non solo).
Ho trovato – come dicevo – una persona con cui parlare e parlare di qualsiasi argomento: ricordo, con piacere, non solo le nostre “chiacchierate filosofiche”, ma anche le nostre “dispute calcistiche” (era un tifoso “appassionato” della Fiorentina).
La sua produzione filosofica e teologica è vastissima. Qui vorrei ricordare solo due argomenti, a mio giudizio, fondamentali:
- ha sviluppato, raccogliendo la ricca eredità del passato, la nozione di senso comune – inteso come insieme organico di certezze che nessuna “conoscenza seconda” può escludere – e lo ha posto alla base del suo sistema di logica aletica;
- ha riflettuto sempre sul tema del rapporto cristianesimo-filosofia, approfondendo le intuizioni del suo maestro Étienne Gilson (ma anche di altri filosofi come Jacques Maritain), mostrando la non-contraddittorietà della nozione di «filosofia cristiana» e, di conseguenza, la razionalità della fede cristiana.
Ho tantissimi ricordi di Antonio Livi, e custodirò i numerosissimi insegnamenti.
Ora, vorrei concludere condividendo una delle ultime “riflessioni”, un pensiero scritto e inviatomi poco dopo aver scoperto la terribile malattia che lo ha costretto a letto e contro cui ha lottato poco più di un anno. Mi sembra questo il modo migliore per ricordare il “gusto” della sapienza, quel “gusto” di cui sempre parlava:
«Molta della sofferenza che ci infliggiamo è legata al fatto che non vogliamo vivere il momento presente. Preferiamo tormentarci nel passato oppure avere timore per il futuro, ma sfuggiamo in questo modo l’unico momento vero che ci è dato vivere, legato al nostro oggi, al qui ed ora. Recentemente ho vissuto un momento delicato legato a delle ragioni di salute. La grande ansia che ho provato mi ha fatto riflettere su un qualcosa che ha valenza metafisica: molta della sofferenza che ci infliggiamo è legata al fatto che non vogliamo vivere il momento presente.
Ieri non esiste più, è passato e non torna; domani, chi lo può prevedere veramente? Certo dobbiamo fare tesoro del passato ed essere previdenti per il futuro, per quello che è possibile: ma angosciarci per essi? Il libro del Qoelet ci mette in una giusta prospettiva: “Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo”».
Antonio Livi
Con gratitudine e affetto, Giovanni Covino

Antonio Livi
25 agosto 1938 – 2 aprile 2020
Caro Monsignor Livi,
apprendo adesso della sua morte -avvenuta poche ore fa – e prego per la sua anima.
Ma credo che lei abbia già raggiunto il Paradiso: le sofferenze dell’ultimo anno, in particolare, l’avranno certamente “purificata”.
Ora che è in Cielo e vede NITIDO tutto ciò che da grandissimo Teologo ha scritto NON SI DIMENTICHI DI NOI ancora pellegrini quaggiù.
Ci aiuti a combattere la “buona battaglia” per la Verità, che è Cristo, così come ha fatto lei nella sua vita di Sacerdote, Teologo e Filosofo. Ed anche editore, che è importante.
A Dio!
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