Il docente, già prima dell’emergenza “Coronavirus”, viveva una situazione alquanto stramba nel nostro paese: una bassa stima del suo lavoro, accompagnata dalla ben nota situazione di precarietà. La maggior parte dei docenti svolge il suo lavoro sapendo che la c.d. “funzione educativa” non ha alcun valore per la politica e per un mondo preso dalla smania del progresso economico-materiale. Insomma, un mondo – quello del docente – tutt’altro che idilliaco, ma pazienza…
Tale situazione, però, si è acuita con l’emergenza che stiamo vivendo: i docenti sono stati dati in pasto alla DaD (=didattica a distanza). Una vera e propria contraddizione in termini: nell’attuale situazione emergenziale manca tutto della didattica.
La DaD è un bluff e non capirlo, pensando di dover vivere per sempre così, è un errore.
Naturalmente, non sto dicendo di “staccare la spina” e chiudere l’anno, ma di evitare solo una cosa: parlare di didattica. Siamo realisti. Guardare la realtà, di tanto in tanto, è cosa buona, anche per trovare soluzioni adeguate. Quando un insegnante compie il suo dovere con passione sa bene che, nella didattica, entrano in gioco tante altre componenti che non possono essere presenti in un’e-mail, un gruppo, una chat, una classe virtuale, una video-lezione ecc. ecc. ecc.
Moltiplicare i canali per far svolgere le lezioni a distanza pensando che l’insegnamento sia una trasmissione di dati è il grande inganno della DaD.
E spero che questo periodo emergenziale non porti la scuola alla definitiva “conversione virtuale” e alla nascita del “docente versione Kindle“.
Giovanni Covino