Ritratti di filosofi. Étienne Gilson: dall’esperienza comune alla formalizzazione metafisica

Étienne Gilson (1884-1978) è stato un filosofo di grande importanza nel panorama culturale del Novecento. Fine storico e acuto pensatore, il Nostro, partendo dal pensiero cartesiano, giunse alla rivalutazione della filosofia  medievale: a lui dobbiamo, infatti, studi sistematici sul pensiero di Abelardo, Bonaventura, Duns Scoto, Dante Alighieri, ma in modo particolare di Tommaso d’Aquino, considerato tra i più importanti metafisici della storia del pensiero. All’Aquinate – secondo Gilson – si deve la fondamentale distinzione tra “essenza” e “atto d’essere” che rappresenta – come ricordato anche da Cornelio Fabro (clicca qui) – il cuore della metafisica tomista.

Tra le opere vorrei qui ricordare un testo del 1935 intitolato Le réalisme méthodique. Con questo testo, Gilson ha mostrato la necessità dell’esperienza comune per la filosofia o di ciò che una lunga tradizione definisce “senso comune”: la metafisica, come ogni scienza, non parte dal nulla, non inventa il proprio oggetto, ma parte da alcuni principi che non possono essere messi in discussione. In questo senso, il metodo proprio della ricerca filosofica è – secondo Gilson – il realismo.

La metafisica, allora, non può che partire dall’esperienza comune e da alcuni giudizi d’esistenza su cui è impossibile porre dubbi. Il primo di questi giudizi è “res sunt”, cioè le “cose sono”. La realtà non è da dedurre, ma è già data. La filosofia non fa che riconoscere la funzione fondante dell’esperienza comune o senso comune. Allora cosa fare per abbracciare il realismo? Ecco cosa dice lo stesso Gilson:

«Il primo passo sulla via del realismo è rendersi conto che si è sempre stati realisti. Il secondo passo è rendersi conto che, qualunque sforzo si faccia, non si riuscirà mai a pensare in modo diverso. Il terzo passo è prendere atto che tutti quelli che pretendono di pensare in modo diverso si rimettono a pensare da realisti non appena si dimenticano di star recitando una parte. A questo punto, se uno di questi si domanda il perché, la sua conversione è cosa fatta».

Giovanni Covino


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