Friedrich Heinrich Jacobi (1743-1819) è un filosofo poco conosciuto. I manuali di storia della filosofia dedicano poche righe a questo pensatore che, al contrario, presenta spunti di riflessione notevoli e di grande spessore teoretico.
Per aver fatto utilizzo di espressioni ambigue, Jacobi è stato autore spesso sottovalutato e tacciato di sentimentalismo e di misticismo, sebbene i suoi scritti siano un rigoroso esempio di critica al tentativo di costruire una scienza assoluta e una piena rivendicazione del realismo filosofico. Difatti, in Jacobi troviamo una decisa opposizione alla ricerca di un punto di partenza “puro”, che in definitiva è la negazione della verità dell’esperienza ( o sapere immediato). Come spiega il filosofo italiano Cornelio Fabro, «nella opportuna rettifica e elevazione del Belief di Hume il punto solido per la fondazione del giudizio di realtà: la fede (Glaube) non è soltanto un principio teologico, ma anzitutto costituisce il fondamento della nostra convinzione di realtà e più precisamente della certezza di tutto ciò che non è suscettibile di rigorosa dimostrazione» (C. Fabro, Introduzione all’ateismo moderno, 2 voll., Studium, Roma 1969, pp. 309-310).
Nonostante Fabro, nel passo appena citato, parli del Glaube anche come principio teologico, bisogna dire che il concetto jacobiano in realtà (come mostrato da numerosi studi: M. Ivaldo, Filosofia delle cose divine. Saggio su Jacobi, Morcelliana, Brescia 1996; A. Acerbi, Il sistema di Jacobi. Ragione, esistenza, persona, Hildesheim 2010; M. Ivaldo, Introduzione a Jacobi, Laterza, Roma-Bari 2003; A. Livi, “La riforma del sistema kantiano proposta da Jacobi e le valutazioni storico-critiche di Fabro”, in Crisi e destino della filosofia. Studi su Cornelio Fabro, a cura di A. Acerbi, EDUSC, Roma 2012, pp. 231-248) va radicalmente a contrapporsi ad una impostazione di stampo idealistico, non in termini di irrazionalismo, ma mostrando che il sapere riflesso (quello della scienza) presuppone un sapere immediato (l’esperienza) che è appunto ciò che il filosofo tedesco definisce fede, «certezza immediata della ragione naturale, senza implicazioni sentimentali o teologiche, cioè senza elementi irrazionali o soprarazionali» (A. Livi, Il senso comune tra razionalismo e scetticismo, Massimo, Milano 1992, p. 100).
Giovanni Covino