Il Napoli è campione d’Italia. Dopo 33 anni è arrivato il terzo scudetto.
La squadra di Spalletti ha dominato il campionato di Serie A con prestazioni che tutti i tifosi napoletani (ma direi tutti gli amanti del calcio) ricorderanno per bellezza e intensità.
Una vittoria meritata che porta il Napoli a raccogliere i frutti di un lavoro di almeno un decennio e che rompe l’egemonia calcistica dell’asse Milano-Torino.
Per coloro, come me, che hanno solo un timido ricordo dei primi due scudetti, la vittoria del Napoli guidato da Aurelio De Laurentiis è una piacevole sorpresa che dà concretezza alle immagini sbiadite del racconto tramandato, è un rimarcare con penna indelebile il disegno a matita di una nuova età dell’oro.
Nel ricordare questo evento, non si può non dire una parola su chi, secondo me, è il simbolo di questa vittoria: il capitano Giovanni Di Lorenzo.
Se le vittorie del 1987 e del 1990 sono ricordate ancora oggi per le prodezze, il genio di Diego Armando Maradona, la conquista del terzo scudetto è tutta nella cultura del lavoro e del sacrificio di Di Lorenzo. Un calciatore che sorprende sempre per la sua intelligenza tattica e che mostra a tutti quanto sia importante aver chiaro un obiettivo e quanto sia importante la necessità di pedalare per raggiungerlo. Sembra quasi non esserci, ma è stato l’unico giocatore davvero imprescindibile. In lui troviamo quello che Arrigo Sacchi considerava essenziale nei suoi giocatori: «deontologia, professionalità, entusiasmo, intelligenza».
Questa umiltà del lavoro quotidiano è il terzo scudetto del Napoli.
Napul3.
Giovanni Covino