Dobby, storia di un amico fedele

Nel secondo capitolo della saga – Harry Potter e la Camera dei segreti – fa la sua comparsa uno dei personaggi più curiosi e stravaganti: Dobby. Si tratta di un elfo domestico al servizio della famiglia Malfoy e – come dicevo – appare sul letto di Harry nel secondo capitolo del secondo romanzo (intitolato L’avvertimento di Dobby). L’elfo decide, mostrando molto coraggio, di raggiungere Harry dopo aver scoperto un terribile segreto, anzi un vero e proprio complotto:

«“Harry Potter non deve tornare ad Hogwarts”. Ci fu silenzio rotto dal tintinnio delle posate provenienti dalla sala da pranzo e dal brontolio lontano della voce di zio Vernon. “Co-cosa?” balbettò Harry. “Ma io devo tornarci…” […] “No, no, no!” squittì Dobby scuotendo la testa così forte da far sbatacchiare le orecchie di qua e di là. “Harry Potter deve rimanere qui, dove è al sicuro. Lui è troppo grande, troppo buono per essere perduto. Se Harry Potter torna a Hogwarts, correrà un pericolo mortale”. “Perché?” chiese Harry stupito. “C’è un complotto, Harry Potter. Un complotto per far succedere le cose più terribili, quest’anno, alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts” sussurrò e prese a tremare all’improvviso» (II, 27-28).

Il modo di comportarsi dell’elfo mostra un grande attaccamento alla causa e una dedizione notevole. Difatti, nonostante la paura e le catene che lo legano alla famiglia Malfoy, Dobby trova la forza di rivelare il complotto consapevole dell’importanza del piccolo Harry. Il Nostro è riuscito, infatti, a sopravvivere per ben due volte a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato grazie all’aiuto dei suoi amici e alla guida saggia e discreta di Silente. Dobby vede in Harry un bene da salvaguardare e fa di tutto per aiutarlo anche se spesso in modo bizzarro come quando chiude il passaggio per raggiungere il binario 9 e ¾ oppure quando lancia una maledizione ad uno dei bolidi, durante la prima partita di Quidditch, e cerca così di ferire Harry.

I piani di Dobby falliscono: Harry, con l’aiuto del suo migliore amico, raggiunge la scuola (in modo rocambolesco, a bordo della Ford Anglia volante!), iniziando il suo secondo anno e riesce anche a sopravvivere al bolide maledetto.

L’elfo, tuttavia, continua ad essere presente nella storia mostrando da un lato, affetto autentico per Harry Potter (anche se, in alcuni casi, un bene quasi mortale), dall’altro, la volontà di partecipare a suo modo alla battaglia contro Voldemort e il dominio del male. L’affetto e il legame tra Dobby e Potter crescono ulteriormente quando, con furbizia, il piccolo mago riesce a liberare l’elfo dalla famiglia Malfoy:

«“Dobby ha un calzino” fece ancora l’elfo, incredulo. “Il padrone l’ha tirato e Dobby l’ha preso, e così Dobby… Dobby è libero”. Lucius Malfoy rimase impietrito, fissando l’elfo. Poi si scaglio contro Harry. “Per colpa tua ho perso il mio servitore!” Ma Dobby esclamò: “Non farà del male a Harry Potter!” Si udì uno scoppio fragoroso e Malfoy ritrovato scaraventato all’indietro» (II, 320-21).

La storia di Dobby è la storia di un’amicizia, la storia di un amico fedele che si sacrifica per i suoi compagni di avventura sino alla fine. Il racconto della sua morte è una delle pagine più commoventi dell’intera saga, anche perché richiama tutti quei concetti che ne costituiscono l’ossatura: dal sacrificio per il bene all’amicizia, dal coraggio alla lealtà…

Nel settimo e ultimo capitolo, Harry si trova a casa Malfoy e nel mezzo dello scontro, Dobby giunge in aiuto:

«Narcissa trascinò Draco lontano dal pericolo; Bellatrix balzò in piedi, i capelli svolazzanti, e brandì il pugnale d’argento; ma Narcissa aveva diretto la bacchetta verso la porta. “Dobby!” urlò, e anche Bellatrix si immobilizzò. “Tu! Tu hai fatto cadere il lampadario…?”. Il minuscolo elfo trotterellò nella stanza, il dito tremante contro la sua ex padrona. “Non deve fare male a Harry Potter” squittì. “Uccidilo, Cissy!” strillò Bellatrix, ma si udì un altro sonoro crac, e anche la bacchetta di Narcissa volò via per atterrare all’altro capo della stanza. “Piccolo sudicio scimmiotto!” abbaiò Bellatrix. “Come osi togliere la bacchetta a una strega, come osi sfidare le tue padrone?”. “Dobby non ha padroni!” strillò l’elfo. “Dobby è un elfo libero, Dobby è venuto a salvare Harry Potter e i suoi amici!”» (VII, 415).

Nel momento di massimo sforzo e massimo pericolo, Harry riesce a smaterializzarsi e arrivare finalmente in un luogo più sicuro. La descrizione è davvero da leggere e gustare parola per parola: Rowling riesce a farci vivere il momento scegliendo con cura ogni parola, ogni movimento si riproduce nella mente del lettore proprio come in un film:

«Il dolore alla cicatrice era accecante. Harry sapeva, indistintamente, che mancava pochissimo, pochi secondi, all’arrivo di Voldemort. “Ron, prendi…e VAI!” urlò, lanciandogli una bacchetta; poi si chinò a estrarre Griphook da sotto il lampadario. Issatosi su una spalla il goblin gemente, ancora aggrappato alla spada, afferrò la mano di Dobby e girò sul posto per Smaterializzarsi. Mentre vorticava nel buio, ebbe un’ultima visione del salotto: le pallide figure raggelate di Narcissa e Draco, la striscia rossa dei capelli di Ron, una macchia d’argento in volo, il pugnale di Bellatrix che sfrecciava per la stanza verso il punto in cui lui si stava Smaterializzando…» (VII, 415-16).

Ed è proprio quando si sente al sicuro che tutto crolla: Harry scopre che nel vorticoso movimento della smaterializzazione, il piccolo e coraggioso elfo è stato colpito. Il girare e rigirare si è mescolato al colpo fatale che sembra quasi colpire il lettore stesso:

«Bill e Fleur… a Shell Cottage… Bill e Fleur…Era sparito nell’ignoto; non poteva che ripetere il nome della destinazione e sperare che bastasse per arrivarci. Il dolore alla fronte lo trafiggeva e il peso del goblin lo opprimeva; sentiva la lama della spada di Grifondoro urtargli la schiena; la mano di Dobby si contrasse nella sua; si chiese se l’elfo stava cercando di assumere la guida, di trascinarli nella giusta direzione, e tentò, stringendogli le dita, di fargli capire che per lui andava bene…E poi colpirono il suolo e inalarono aria salata. Harry cadde in ginocchio, lasciò la mano di Dobby e depose dolcemente a terra Griphook. “Stai bene?” chiese al goblin che si muoveva appena, ma Griphook si limitò a piagnucolare. Harry si guardò attorno nel buio. C’era una casetta non lontana, sotto l’immenso cielo stellato, e gli parve di vedere qualcuno muoversi all’esterno. “Dobby, quello è Shell Cottage?” sussurrò, stringendo le due bacchette che aveva tolto ai Malfoy, pronto a combattere. “Siamo arrivati nel posto giusto? Dobby?” Il piccolo elfo era a un metro da lui. “DOBBY!” L’elfo barcollò, le stelle riflesse negli occhioni lucenti. Insieme, lui e Harry abbassarono lo sguardo all’impugnatura d’argento del pugnale che spuntava dal petto pulsante della piccola creatura. “Dobby… no… Aiuto!” urlò Harry verso la villa, verso la gente che si muoveva laggiù. “Aiuto!”. Non sapeva e non gli importava se fossero maghi o Babbani, amici o nemici; gli importava solo della macchia scura che si allargava sul petto di Dobby. L’elfo tese le braccine verso di lui con aria di supplica. Harry lo prese e lo distese su un fianco sopra l’erba fresca. “Dobby, no, non morire, non morire…”. Lo sguardo dell’elfo si posò su di lui, e le sue labbra tremarono per lo sforzo di formare delle parole. “Harry… Potter…”. E poi con un piccolo fremito l’elfo restò immobile, e i suoi occhi furono solo grandi globi vitrei, sui quali brillava la luce di stelle che non potevano più vedere (VII, 416-17).

Davvero – come dicevo – una delle pagine più belle della saga, impreziosita dalla successiva decisione di Harry. Il Nostro, con una vanga, senza magia, inizia a scavare per seppellire Dobby. Con questa scelta resta intatta nella sua solennità il sacro valore dell’ultimo gesto; l’ultimo saluto all’amico fedele non viene posto nel fantastico mondo di Hogwarts, non viene sfiorata dalla fantasia: è troppo importante per l’uomo. E se è vero che viene meno il legame terreno, la presenza fisica, come testimoniano il dolore e le lacrime, è altrettanto vero che non scompare il bene imperituro dell’amicizia e il valore eterno del sacrificio. Tutto riposa nel giorno senza tempo in Colui che non delude poiché Autore di ogni cosa nella certezza – come si legge nel cap. 16 (VII, 291) – che l’ultimo nemico ad essere distrutto sarà proprio la morte.

Giovanni Covino

Risposte

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Giovanni Covino, autore e curatore del blog.