I. Chi ha assassinato Platone?

I.

Il chiarore della luna illuminava i ciottoli delle strade di Atene che ospitavano, come ogni sera, le riflessioni di un gruppetto di giovani e meno giovani, guidati da un uomo, piccolo, simile ad un sileno. Nel silenzio della città, che si apprestava a dormire e riposarsi dopo le fatiche del quotidiano, Socrate – questo era il nome di quel piccolo uomo – con i suoi occhi rotondi e sporgenti, fissava il volto di chi che lo seguivano alla ricerca di quella scintilla quasi divina da cui partire per accendere il fuoco del desiderio e saziare così la loro sete di conoscenza. Il suo metodo d’indagine era – come spesso diceva – un lavoro delicato simile a quello delle ostetriche: come queste aiutavano le donne a partorire bambini, così lui aiutava le menti a partorire la verità. E così, all’ombra del grande tempio dedicato alla protettrice della città, Socrate poneva domande su ogni genere di questione, e i discepoli ascoltavano con attenzione il maestro parlare di virtù, anima, bene e male: domanda dopo domanda, cercava di condurre quelle giovani menti alla verità delle cose.

«Bene, amici, – disse Socrate, aprendo un nuovo spazio di discussione – alziamo gli occhi e guardiamo, anzi ammiriamo il cielo stellato. Ditemi: cosa pensate? Che questo spettacolo sia frutto del caso o di un’intelligenza?».

«Maestro, cosa vuoi dire?» – chiese incuriosito uno dei discepoli alla sua destra.

«Vi chiedo di pensare al moto dei cieli, alla rotazione degli astri, ai colori del cielo, insomma a tutto ciò che cade sotto i nostri occhi, e porvi la domanda: da dove viene tutto ciò?».

«Socrate – disse Critone – il caso, di certo, non avrebbe mai potuto dar vita ad un ordine simile: chi può pensare che una simile bellezza non abbia qualcosa di divino?».

«Hai ragione, caro amico. Ma credimi ci sono stati e ci sono tanti che pensano proprio questo».

«E sbagliano…» – disse un altro discepolo.

«Lo credo anch’io, Cebete, ma non sottovalutate quel pensiero…anche l’errore ha i suoi vantaggi: ci permette di trovare altri argomenti a sostegno della verità» – disse Socrate con calma e seguitando a guardare il cielo.

Il gruppetto continuava a passeggiare e filosofeggiare sull’argomento, ma, nel mentre discorrevano, sentirono provenire da una delle case nelle vicinanze un grido. Socrate si bloccò e bloccò anche il suo parlare e, alzando la lunga tunica per non inciampare, iniziò a correre. A causa della sua stazza, si presentava alquanto goffo, ma, con fare deciso e risoluto, seguì, come pure i suoi discepoli, quel suono agghiacciante.

Quando girò l’angolo, trovò una donna, appoggiata al muro della casa, visibilmente sconvolta. Il volto era contratto e con il corpo leggermente piegato in avanti cercava di recuperare il respiro spezzato, di certo, dalla spaventosa immagine che si era presentata ai suoi occhi. Socrate le si avvicinò e ponendo la mano sulla spalla, chiese, con grande garbo e gentilezza, cosa fosse successo. La donna, senza parlare, alzò la mano e con l’indice indicò un luogo poco più in là. Il maestro seguì la linea immaginaria che partiva dall’indice e vide, grazie alla chiara luce della luna in quel cielo privo di nubi, un piede uscire fuori da una porta aperta.

II.

Socrate, con passo lento, ma deciso, si avvicinò. Prese una delle torce poste sul muro accanto alla porta d’ingresso di un’abitazione e ruppe il buio fitto che avvolgeva il corpo come un lenzuolo. Il volto, nonostante fosse stato orrendamente sfigurato da una raffica di colpi, era, per Socrate, ancora riconoscibile.

Non ci furono dubbi. Un dolore così intenso da arrestare quasi il battito del cuore. Una sensazione tremenda dallo stomaco iniziò a salire fino ad arrivare alla gola, stringendo tanto da fermare il respiro. Gli occhi sbarrati. La gola secca. Il corpo paralizzato.

La luce della torcia aveva rimosso il velo scuro della notte e mostrato il corpo di uno dei suoi discepoli: Platone. La larga fronte aveva una ferita… [continua].

Giovanni Covino

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