X.
Salaris salutò la coppia di amici. Poi rivolse le sue attenzioni alla piccola Vittoria che in lacrime non voleva lasciar andare il commissario.
La triste vicenda, questa indagine “fuori porta” non aveva dato la possibilità ai due di giocare come al solito, ma altre occasioni avrebbero allietato le loro giornate: la sua figlioccia poteva senza dubbio contare su di lui, così come Salaris poteva contare su di lei.
Il commissario salì sul treno con una leggera tristezza che accompagnava il suo sorriso, mentre dispensava gli ultimi saluti. Dopo qualche minuto partì.
Se non hai letto i capitoli precedenti, segui i link:
- L’eredità longobarda. Un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, I.
- L’eredità longobarda. Un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, II.
- L’eredità longobarda. Un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, III-IV.
- L’eredità longobarda. Un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, V.
- L’eredità longobarda. Un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, VI.
- L’eredità longobarda. un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, VII.
- L’eredità longobarda. Un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, VIII-IX.

Il viaggio era, ai suoi occhi, come avere davanti uno schermo: i paesaggi che si susseguivano dal finestrino di quel lento treno verso Torino erano di una bellezza indescrivibile.
Salaris, sul solito treno interregionale preferito all’asettico movimento dell’alta velocità, si godeva gli attimi di silenzio ripensando al suo amico Dario, al triste epilogo di una vita onesta ripagata con tanta crudeltà.
Ancora una volta nebbia fitta…
Giovanni Covino



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