IV.
La giornata era più afosa del giorno precedente. Molti si apprestavano a vivere i propri giorni di meritato riposo; Salaris, invece, era sempre più immerso nel caso. Per questo aveva deciso di lasciar partire Sara e il piccolo Tommaso per la Sardegna.
Il programma prevedeva un aereo nel primo pomeriggio per raggiungere la famiglia del commissario e trascorrere così qualche settimana di vacanza.
Quel giorno maledetto, però, tutto cambiò.
Se non hai letto il primo capitolo:

Dopo aver preso il caffè, Salaris salutò Sara e Tommaso. Uscì di casa alle 8. Aveva una pista da seguire dopo il lavoro svolto il giorno prima.
Alle 12:34 il telefonò squillò. Il commissario, quasi colto da un presentimento, trasalì…
«…commissario…» – era l’agente Grieco. «Commissario, sua moglie e suo figlio…presto…venga».
«Cosa Grieco?».
«Sua moglie e suo figlio…sono stati investiti da un’auto…».
In quel momento il tempo si arrestò. Un attimo che divenne come uno spazio eterno di dolore, una freccia che squarciò il cuore del commissario. Come preso da una furia indomabile, si precipitò sul posto. Trovò a terra il piccolo Tommaso privo di vita e la moglie, dal lato opposto, circondata dai medici. La macchina era lì posteggiata al solito posto pronta per la partenza.
Le voci si fecero sempre più confuse, i rumori divennero solo leggeri brusii, il cielo, quella mattina, di un purissimo azzurro si mutò in una tavola plumbea. Il sangue presente sul volto del piccolo si mescolava alle lacrime di paura che aveva senza dubbio avvertito negli attimi tragici prima dell’incidente.
Grieco si avvicinò, ma il commissario era come pietrificato. Era una Pietà: i muscoli contratti, gli occhi fissi sul volto di Tommaso, in ginocchio Salaris urlava il suo dolore. E il suo amico non poteva nulla, se non essere lì presente.
[continua]
Giovanni Covino



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