Stanze gotiche. Un’indagine del commissario Salaris, VII

VII.

La difficoltà di riprendere l’indagine era evidente.

Nessuno avrebbe giudicato Salaris se avesse deciso di lasciare il caso. Nessuno, allo stesso tempo, espresse giudizi sulla decisione di continuare: conoscevano tutti molto bene il commissario. Sapevano che non si trattava di gloria, di riconoscimenti, di onori. Quella di Salaris era una dedizione sincera, una dedizione che nasceva soprattutto dalla nobiltà del suo animo. Quando parlava di un caso, ogni singola persona ascoltava: Salaris non esponeva una questione da risolvere, ma parlava di persone, della dignità di ogni essere umano. Era un modo per portare umanità laddove questa mancava. Per tale motivo nessuno osò dire nulla.



«Grieco, riprendiamo il filo della nostra indagine. Se ricordo bene, seguendo la pista degli affitti abusivi, abbiamo rintracciato due persone. Avete già qualcosa in mano?» – chiese il commissario.

«Sì, ieri, Cardini e Sarti hanno lavorato bene. Ecco i loro appunti».

Salaris lesse con attenzione, poi chiese a Grieco di accompagnarlo per una chiacchierata informale con i due sospetti. Si diressero prima a casa di Salemi.

Giunti sul posto, il commissario e Grieco scesero dall’auto e si avvicinarono all’abitazione. Arrivarono con passo cadenzato al citofono e suonarono. Rispose una voce scura e cupa, la voce di un uomo che stava di certo dormendo. Salemi aprì e i due poliziotti salirono al secondo piano del palazzo. Entrati trovarono un appartamento disordinato e sporco: l’uomo, in canottiera e mutande, era chiaramente in una situazione tragica, stava smaltendo la sbronza del giorno prima e sembrava non far caso alla presenza di due ufficiali.

«Buongiorno, signor Salemi» – disse con voce ferma, Salaris. «Questi è l’agente Grieco. Siamo qui per farle qualche domanda».

«Sì…facciaaa…pure» – rispose Salemi con aria di supponenza.

«Da quanto tempo è qui a Torino?».

«Poco più di un anno…».

«Prima dov’era?».

«Abitavo ad Alessandria. Mia moglie mi ha lasciato per uno di quei tizi…come si chiamano…quelli che sono sempre su internet…».

«Influencer?» – intervenne Grieco.

«Sì, esatto…influenzer…o come diavolo si chiamano…comunque mi ha lasciato e avevo bisogno di cambiare aria…».

«Capisco» – disse Salaris. «Che cosa ha fatto in questo anno? Come vive?».

«Beh…direi che sopravvivo…comunque lavoro in una compagnia che si occupa di pulizie…lavoro spesso di notte…da qualche giorno sono a casa perché sono stato poco bene».

Salaris osservava il volto dell’uomo. Un uomo di certo provato dalla situazione che stava sprofondando nel baratro dell’alcol.

«Ha sentito dei due bambini scomparsi?».

«Sì, certo…brutta storia, commissario».

«Possiamo dare un’occhiata in giro?».

«Se riesce a camminare…faccia pure…ma perché siete venuti qui?».

In effetti, non era per nulla semplice. Cartoni di pizza, fogli di carta, bottiglie di vino e birra si trovavano sparsi un po’ in tutta la casa. Salaris osservava attentamente.

«Vede – disse il commissario – la nostra indagine sta vagliando diverse piste e tra queste stiamo seguendo quella di affittuari abusivi…come lei…».

Era un’affermazione forte. Mise un po’ di agitazione in Salemi che divenne più rosso del vino che aveva bevuto.

«…sa, il nostro uomo – continuò il commissario – ha qualcosa in comune con lei…».

Salaris cercava di mettere in crisi Salemi. Cercava di capire chi avesse di fronte.

«…quindi non vada da nessuna parte…».

Senza aggiungere altro, Salaris e Grieco lasciarono l’abitazione e salirono in macchina per raggiungere l’indirizzo dell’altra persona sospetta.

«Non è lui» – disse Salaris pensando ad alta voce.

«Come?».

«È disperato certo. Può fare tante sciocchezze, ma non è il nostro uomo. Dobbiamo sperare che la pista seguita sia quella giusta. Ho comunque un’idea. Andiamo da Sciarri».

[continua]

Giovanni Covino

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