Una partita a tre, capitolo secondo: Uno strano modo di giocare

Il racconto è, naturalmente, frutto di fantasia: ho immaginato un incontro a Londra, casa Marx, per una piacevole serata tra amici che però si trasformerà in un vero e proprio incubo.


II. Uno strano modo di giocare

Il volto del povero uomo era terribilmente sfigurato: un ampio squarcio si estendeva dalla parte destra del cranio e scendeva giù sino allo zigomo, rendendolo irriconoscibile agli occhi di Sigmund che, impietrito, restava in silenzio a fissare quell’orrore, dopo aver chiamato Karl e Friedrich.

I due, fiondatisi nella stanza, videro impressa la forma della paura e del terrore sul volto del giovane Sigmund. L’odore acre del sangue rendeva l’aria nella stanza irrespirabile. Una piacevole serata in compagnia si era trasformata in un incubo per i tre amici.

Karl notò che tutto era così come doveva essere: la finestra della stanza, la porta d’ingresso, tutto era in ordine.

Unica eccezione, la presenza del povero Alfred Penrose terribilmente sfigurato.

Alfred era il maggiordomo-tuttofare di casa Marx: aiutava Karl nelle faccende domestiche e, dopo la scomparsa della moglie, era divenuto un vero sostegno per il filosofo[1].

«Chi ha mai potuto compiere un simile atto?» – disse Marx, guardando Friedrich. «Alfred è…era una persona davvero buona. Non riesco proprio a capire».

«Mi dispiace, Karl» – disse Nietzsche appoggiando la mano sulla spalla dell’amico.

Karl continuava a guardarsi intorno per cercare di comprendere l’accaduto. La casa non presentava nessun segno capace di spiegare quell’evento.

«Forse – disse Sigmund – il nostro Alfred è semplicemente scivolato e ha sbattuto violentemente la testa…non deve essere un omicidio, Karl».

Nietzsche fissava il cadavere attentamente. Lo scrutava alla ricerca di qualche indizio, poi disse:

«Non può essere, Sigmund. Alfred è stato assassinato. Guarda» – e indicò il rivolo di sangue che aveva formato fuori dalla stanza un’ampia pozza di sangue. «Lo squarcio che vedi non è l’unica brutalità che ha martoriato il corpo del povero Alfred».

Nietzsche fece notare una ferita al fianco, poi girò con cautela il corpo e mostrò un’altra ferita alla schiena: il maggiordomo era stato colpito alla testa e con un doppio fendente. Questi ultimi colpi avevano provocato quella gran perdita di sangue.

Tre colpi tremendi. Era sicuramente un omicidio.

Marx non riusciva a proferire parola. Era come ipnotizzato. Sentiva le parole intorno, ma come all’interno di una grande bolla: vedeva muoversi le labbra dei suoi amici e sentiva, di tanto in tanto, ovattati “chi è stato?”, “Karl, dobbiamo indagare?”, “povero Alfred”.

La situazione era davvero surreale.

Nietzsche andò in cucina e tornò poco dopo con un bicchiere di whiskey che porse a Karl. Lo buttò giù in un batter d’occhio: il forte sapore del liquore lo svegliò come uno schiaffo. Si girò intorno e cominciò a guardare in ogni angolo della casa. Sigmund e Friedrich lo seguivano. Per circa un’ora girarono alla ricerca di qualcosa, di un indizio. Niente.

Dopo questa frenetica ricerca, un pensiero sfiorò la mente di Marx: e se fosse stato uno dei due?

L’ombra del sospetto iniziò ad allungarsi sempre di più, man mano che il tempo passava.

Karl non parlava.

Friedrich e Sigmund erano fermi e di tanto in tanto si scambiavano occhiate sospette.

«Forse – disse Friedrich – dobbiamo chiedere aiuto alle forze dell’ordine?».

Marx non rispose. Si alzò e si diresse verso la camera di Alfred.

Appena andato via, i due si alzarono e andarono di nuovo nella stanza dove si trovava Alfred.

«Forse – disse Sigmund – dovremmo dirglielo».

«Non so – rispose Friedrich – in fondo non abbiamo fatto nulla. Credo che la situazione va sistemato in altro modo».

I due si guardarono con uno sguardo complice.

Nel mentre, Karl aveva raggiunto la stanza di Alfred. Si avvicinò alla scrivania e aprì il cassetto. Lì, tra le carte piene di appunti, trovò una busta.

La prese, l’aprì, tirò fuori i fogli e iniziò a leggere.

Giovanni Covino

Continua per il terzo ed ultimo capitolo.


Note al testo:

Le immagini presenti in questo articolo sono state generate con l’IA (MicrosoftBing); la pagina di giornale e la lettera sono state prodotte con Canva (il contenuto naturalmente è del sottoscritto).

[1] La presenza di un maggiordomo è una finzione letteraria. Marx ha vissuto con la moglie e i figli situazioni difficili: la famiglia visse spesso in condizioni di grande povertà, soprattutto a Londra. Nella realtà Marx e sua moglie persero quattro figli da piccoli, a causa delle difficili condizioni economiche e sanitarie. Nonostante le ristrettezze appena descritte, la casa era frequentata da intellettuali, militanti e amici (come Engels), e le figlie ricevettero un’educazione importante relativamente all’epoca.


Risposte

  1. Avatar Una partita a tre, capitolo primo – Briciole filosofiche

    […] Continua la lettura con il secondo capitolo. […]

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  2. Avatar Una partita a tre, capitolo terzo: Scala reale – Briciole filosofiche

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Giovanni Covino, autore e curatore del blog.