Il racconto – come i precedenti (per la pagina dedicata ai racconti clicca qui) – è frutto di fantasia. Protagonisti saranno i filosofi dell’antica Grecia. Nelle pagine che seguono ho cercato di narrare la storia della filosofia in modo diverso.
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III. L’oscuro segreto
«Mi dispiace, per Socrate» – disse il bambino con aria triste.
«Sì, è davvero una storia triste…».
«Ma la filastrocca continua…» – e il bambino lesse con un po’ di difficoltà i due versi successivi.
Nove saggi uomin fino a notte alta vegliar/uno da veglio dormiente diventò, solo otto ne restar.
Nel frattempo, la tempesta continua ad infuriare. Le onde del mare battevano con forza impressionate sugli scogli e spruzzavano spuma disegnando imprecise forme geometriche nell’aria. Il cielo non prometteva nulla di buono.
«Questo secondo filosofo – disse il padre osservando l’acqua sbatter contro il vetro dello studio – è l’Oscuro, figliolo».
«L’Oscuro? Cosa vuol dire?» – chiese il bambino con crescente curiosità.
«Ti racconto la storia dall’inizio» – una luce, la luce di un fulmine illuminò la stanza.
***
«Maestro, qual è il senso della nostra vita?» – chiese un giovane discepolo ad Eraclito.
«La tua non è una domanda semplice. Talvolta, un’intera vita non basta per rispondere. Dobbiamo però porre la nostra attenzione all’essere delle cose che vediamo e farci da loro guidare per raggiungere, con l’occhio della nostra mente, il principio di ogni cosa. Scoperto il principio sapremo qualcosa della nostra natura, come il caldo ha qualcosa in comune con il fuoco o l’umido con l’acqua».
«Maestro, voi conoscete la natura di questo principio?».

«Difficile scoprirlo, ma vedi un’unica cosa è la saggezza, comprendere la ragione per la quale tutto è governato attraverso tutto. Vedi…» – stava per concludere Eraclito, ma un urlo spaventoso interruppe il corso del suo pensiero.
I due, seduti dinanzi al maestoso Tempio di Artemide (che rifletteva la luce del sole quasi fosse uno specchio), si alzarono e si diressero verso il luogo di quel suono spaventoso che, nel frattempo, si era trasformato in un pianto disperato.
Costeggiarono il lato destro del tempio e giunsero sul posto poco dopo. Fu grande la sorpresa sul volto di Eraclito che, di colpo, si rabbuiò.
La sorella del filosofo era lì sui corpi martoriati dei poveri genitori. Un fendente aveva trafitto il cuore della madre, mentre il padre era stato brutalmente colpito alla testa più e più volte. Una pozza di sangue era sotto i loro corpi che, ormai senza vita, giacevano all’ombra di una delle grandi colonne del tempio.
«Chi ha mai potuto compiere un simile gesto?» – chiese il discepolo fissando lo sguardo pieno di rabbia di Eraclito.
«Non lo so, ma lo scoprirò».
Eraclito pose la mano sulla spalla della sorella che con il volto pieno di lacrime guardò negli occhi il fratello cercando una risposta a quel terribile momento. Poi, il filosofo aiutò la giovane ad alzarsi e la confortò con la stessa dolcezza del legame che li univa.
Nella città di Efeso, la famiglia di Eraclito non era ben vista per la sua enorme ricchezza e per la sua grande influenza nella vita politica. Molti provavano invidia e questo Eraclito lo sapeva: aveva più volte avvertito i propri genitori di stare attenti poiché l’invidia è un male dell’animo che genera mostri.
Per l’invidia – ripeteva spesso il filosofo – anche un saggio da veglio dormiente diventò.
«Fratello, perché è successo?»
«Non lo sappiamo, ma farò di tutto per scoprire l’assassino o gli assassini».
***
Eraclito aveva osservato bene i corpi dei propri genitori, cercando di trovare qualche indizio, qualche segno che potesse condurlo alla scoperta della verità.
La prima cosa che notò fu il poco sangue presente sul posto, nonostante la brutalità dell’assassinio. I corpi erano stati portati lì: da un uomo o da più uomini? – si chiese Eraclito.
Il secondo aspetto: gli abiti. I genitori indossavano abiti domestici. Qualcuno si era intrufolato nella loro casa e aveva commesso il tremendo delitto.
Infine, notò alcune impronte. L’assassino aveva pestato il sangue, forse senza accorgersene, lasciando così la sua firma.
Per prima cosa Eraclito decise di recarsi a casa dei suoi genitori alla ricerca di altri indizi. Chiese supporto al suo giovane amico e discepolo che seguì il maestro tra le strade di Efeso. I due passarono tra le bancarelle della zona del mercato, poi imboccarono una viuzza stretta e ripida. Le lunghe falcate del filosofo seguivano i voli del suo pensiero che, alto e veloce, svettava alla ricerca della verità.
Quando entrarono nella grande abitazione, tutto era al proprio posto. Allora, Eraclito iniziò ad osservare ogni piccolo dettaglio. Non trovò nulla, se non alcune piccole impronte, impronte da bambino nella stanza dove mangiavano. Davvero strano – pensò Eraclito.
«Hai trovato qualcosa nell’altra stanza» – chiese al discepolo.
«Nulla, Maestro» – rispose.
«Andiamo, allora. Continuiamo la nostra indagine».
I due uscirono e iniziarono a porre domande ai vicini di casa. Nessuno aveva notato nulla di strano. Una donna anziana, cieca sin dalla nascita, seduta dinanzi ad una casa, ascoltando le domande di Eraclito, intervenne.
«Figliolo, io ho sentito i tuoi genitori parlare con un bambino. Il piccolo chiedeva di andare non ho capito bene dove per aiutare tua sorella».
«Non ricorda il luogo?».
«Purtroppo no – disse la donna sinceramente dispiaciuta. Il mio orecchio è fine, ma erano troppo lontani per udire tutto».
«Allora – disse Eraclito rivolgendosi al discepolo – abbiamo un bambino usato per attirare i miei genitori in una trappola. Quel terriccio rossastro che ho visto in casa ha una sola provenienza: le grotte alle porte di Efeso…».
«Maestro, vuoi andarci ora?» – chiese con leggera preoccupazione il giovane.
«Se vuoi riposare, va’ pure…».
«No, no…vengo volentieri…».
I due si incamminarono. Eraclito con passo svelto guidava il giovane per sentieri tortuosi. Arrivarono in men che non si dica alle grotte di Dioniso».
Eraclito si accovacciò e tocco il terriccio rosso. Era lo stesso presente nella casa dei suoi genitori.
«Dobbiamo entrare nelle grotte. Sta per calare la notte. Il nostro piccolo intruso deve essere sicuramente dentro».
I due entrarono. In lontananza, videro un piccolo fuoco e una donna stesa a terra con un panno umido sulla fronte. Si avvicinarono lentamente.
Eraclito fissava il fuoco che illuminava il viso sofferente della donna e vide il bambino intento a preparare un pasto.
«Giovane amico, posso farti qualche domanda?».
In quel preciso istante, il discepolo di Eraclito si lanciò sul maestro e lo scaraventò a terra. Lo colpì con forza, ma Eraclito riuscì a difendersi. Schivò un pugno, bloccò le braccia del discepolo e gridò: «Presto, dammi quelle lenzuola».
Il discepolo scalpitava come un cavallo imbizzarrito, perciò Eraclito fu costretto ad usare le maniere forti. Sferrò un destro micidiale. Il discepolo perse i sensi. Eraclito si alzò, prese le lenzuola e legò stretto il giovane. Il bambino, nel frattempo, impaurito si era nascosto in un angolo buio della caverna.
«Viene fuori, non ti farò del male. So che ti ha costretto».
Il bambino uscì e racconto tutto al filosofo.
***
Eraclito guardò negli occhi il discepolo. Non poteva pensare di aver avuto, quel giorno, accanto a sé l’autore di quel delitto. La stessa persona che lo aiutava a riflettere sulla natura del mondo, con il quale condivideva le sue riflessioni, era l’autore di un tale misfatto.
«Come hai potuto compiere un simile gesto?».
«Quale gesto? Il gesto della giustizia? Avevate tutto, tutto vi siete presi e ora mi chiedi anche il perché?»
Eraclito non rispondeva.
«…e tu, Maestro di sapienza? Quale sapienza? Ti credi migliore degli altri? Più intelligente?»
Il giovane aveva uno strano sorriso stampato sul viso, un che di inquietante negli occhi. In quel momento, Eraclito vide quel mostro, il mostro dell’invidia farsi spazio per uscire, dopo aver divorato l’animo del giovane che “da veglio, dormiente diventò”.
***
«Così termina la storia, figliolo» – disse il padre guardando il figlio. «Fu quello il giorno in cui Eraclito divenne l’Oscuro».
Giovanni Covino
Note al testo: immagini, di copertina e nel testo, generata con IA. Per quanto riguarda i due versi della filastrocca: composizione presente nel testo di Agatha Christie, liberamente modificata e adeguata per il presente racconto. I dialoghi riportano – in alcuni casi in modo letterale – i frammenti dell’opera di Eraclito (cfr. Diels-Kranz, I Presocratici, ed. Bompiani).



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