Da due anni ormai, la politica e il mondo della comunicazione sono sempre più vittime di un meccanismo propagandistico che loro stesso hanno creato. Gli interventi di ministri, viceministri, presidenti di regione, giornalisti ed opinioni che, un giorno sì e l’altro pure, hanno commentato e commentano in tutte le modalità possibili la situazione del bel Paese hanno condotto e conducono il cittadino, bombardato da queste notizie, in confusione. E questo soprattutto perché l’autorità di chi parla, in primis quella delle istituzioni politiche, si perde nella sua caricatura, una caricatura che tratta le persone come incapaci di qualsiasi comprensione o di atti responsabili e perciò via con decreti, note ministeriali, dati, contro dati, prima, seconda, terza, quarta ondata, distanze sociali, lanciafiamme, spiegazione del dato, la “scienza dice”, il tal virologo ha detto e così via.
In questo quadro, possiamo inserire l’ultima fatica di Fulvio Di Blasi, La morte del phronimos. Fede e verità sui vaccini anti covid (Phronesis Editore, Palermo 2021, pp. 258). Di Blasi, avvocato e dottore di ricerca in filosofia del diritto, nonché docente, è autore di numerosi volumi sull’etica e il diritto come Ritorno al Diritto (2009), Saggezza antica e facezia tomista: Felicità e vita buona (2017), Dio e la legge naturale (seconda edizione 2021), From Aristotle to Thomas Aquinas (2021), Vaccino come atto di amore? Epistemologia della scelta etica in tempi di pandemia (2021).
In questo libro, l’Autore si misura – come dicevo – su uno dei problemi più importanti nell’attuale congiuntura storica: l’autorità di chi parla e, di conseguenza, le basi della fiducia di chi ascolta. Da qui si passa alla trattazione di problemi filosofico-giuridici ed epistemologici, mostrando al lettore la grande complessità del problema. Come lo stesso Di Blasi dice in apertura:
I vaccini anti covid e la pandemia sono temi che avvolgono ormai interamente tutta la nostra esistenza sia come individui sia come cittadini di singoli stati e del mondo intero. Sono temi complessi, con mille sfaccettature, di cui si occupano tanti soggetti pubblici e privati, parlamenti e governanti, agenzie ed istituti di ricerca, la stampa, la televisione, scienziati ed esperti di diverse discipline.
Fin dalle prime battute, l’Autore fa comprendere che il discorso sulla covid non è questione solo sanitaria, ma coinvolge numerose discipline e, come tutte le cose, presenta una complessità tale da non permettere riduzionismi di alcun genere. Ciò vuol dire che è quantomai necessario impostare bene il problema e, nello specifico, «un’epistemologia corretta del modo in cui ci si rapporta ai testimoni è fondamentale»: come può, infatti, il cittadino giungere alla verità in questa situazione? Come può giudicare e prendere una decisione? Misure politiche, come il green pass, sono davvero utili per affrontare l’emergenza? Come si può compiere una scelta adeguata circa i vaccini?
Queste alcune delle domande che conducono il lettore in una sorta di aula di tribunale per interrogare diversi testimoni (case farmaceutiche, agenzie dei farmaci, scienziati, autorità pubbliche e mass-media) e raccogliere dati per una maggiore comprensione del fatto.
In questa situazione così difficile non sarebbe male riprendere il vecchio concetto di autorità, un concetto assai caro al filosofo del diritto Giuseppe Capograssi: per il pensatore abruzzese l’autorità «ha il potere e la capacità di far crescere una comunità e di promuovere lo sviluppo della vita». Questo può avvenire solo quando al primo posto viene messa la verità e non la propaganda, recuperando, al tempo stesso, la prudenza che – come dice Di Blasi – è la grande assente di questo periodo.
Giovanni Covino
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