Propongo ai lettori di Briciole filosofiche la prima parte di un interessante articolo sul filosofo francese René Descartes: un viaggio nella metafisica del padre della modernità [Giovanni Covino].
Il primo tema trattato nella VI Meditazione da parte di Cartesio è la distinzione tra mente e corpo. In paginedal sapore almeno intenzionalmente fenomenologico, tendenti cioè alla evidenziazione di quelle proprietà che permetterebbero la distinzione detta, Cartesio si occupa di mostrare come certe facoltà non possono che appartenere al cogitoanche se sono solo suoi “modi”. La dimostrazione della sostanzialità dell’anima, in Cartesio, segue direttamente dall’affermazione del cogito, e del cogitocome prima evidenza, primo giudizio, primum cognitum, Difatti, secondo Cartesio, la possibilità di pensarsi in quanto pensiero, ossia mente, abbiamo visto nella II Meditazione, “astrae” da tutto ciò che è sensibile e dal fatto stesso di avere un corpo. Il corpo infatti in quest’ultima Meditazione non era riuscito a passare indenne sotto i colpi del dubbio. Anzi Cartesio nonpoteva ancora dimostrarne l’esistenza. Eppure Cartesio riesce a stabilire che l’io è anche senziente e immaginante, oltre che pensante. Ma sentire ed immaginare sono essi stessi atti del cogito. Dunque non resta che ammettere che in virtù del cogito, e solo di questo, possiamo definire l’essenza dell’io come res cogitanstotalmente separata da una eventuale res extensa. Dice Cartesio nella Sesta Meditazione:
«E innanzitutto poiché so che tutte le cose che concepisco chiaramente e distintamente possono essere fatte da Dio tali e quali le concepisco, è sufficiente che io possa concepire chiaramente e distintamente una cosa senza l’altra, giacché può essere prodotta a sé stante almeno da Dio…; e di conseguenza dal fatto stesso che so di esistere, e che mi rendo conto intanto che certamente nell’altro appartiene alla mia natura, o essenza, se non questo solamente, che io sono una cosa pensante, concludo correttamente che la mia essenza consiste solo in ciò, che sono una cosa pensante»(p.269)
Cartesio non attribuisce al corpo se non i caratteri, possiamo dire, matematizzabili, come l’estensione, la figura, ma non quegli atti che fanno parte della sfera conoscitiva come l’immaginazione.
Eppure tra immaginare e pensare, Cartesio, nella sesta Meditazione porta delle differenze. Queste distinzioni non serviranno a provare che esista il corpo, ma solo che il corpo mè possibile ed è
concepito distintamente dalla mente. La distinzione più evidente è che il puro cogitarenon ha bisogno di riferirsi a nessuna estensione ea nessuna corporeità, per quanto riguarda la Mathesis, per dedurre teoremi e stabilire assiomi circa il suo oggetto che percepisce chiaro e distinto. L’immaginazione invece è sempre riferita a dei corpi. L’esempio di Cartesio è quello del chiliogono: posso dedurre precisamente, chiaramente e distintamente le sue proprietà matematiche, ma non posso immaginarlo se non confusamente senza possibilità nell’immaginazione stessa di stabilire che si tratti di vero e proprio chiliogono.
Ma l’immaginazione non provache esiste un corpo. Prova che c’è una “tensione dell’anima”, dice Cartesio, e che sia probabile almeno una cosa materiale ossia il proprio corpo. E così le altre sensazioni che ineriscono all’ io e quelle qualità di estensione, moto, ecc.. E tuttavia queste sono pur sempre idee di sensazioni. Ora il corpo, per Cartesio, non è afferrabile direttamente come il cogito. C’è bisogno di un passaggio metafisico che è questo: queste idee di sensazione che mi sembrano venire dal corpo o vengono invece da Dio direttamente o vengono dal corpo. Da Dio no, dice Cartesio, altrimenti mi ingannerebbe facendomi credere che vengano dal corpo dunque deve esistere il corpo.
Ma perché Cartesio a questo punto ammette la separazione reale di mente e corpo considerate come due sostanze distinte e separate?
Come scrive Emanuela Scribano è perché come abbiamo visto anche nella Seconda Meditazione io posso concepire la mente staccata da tutto il resto e come abbiamo visto poc’anzi a proposito della dimostrazione dell’esistenza del corpo posso conoscere con certezza la loro distinzione.
Ora, continua la studiosa italiana, Cartesio compie un sillogismo:
«l’Onnipotenza divina può fare tutto quel che io concepisco chiaramente e distintamente; Concepisco chiaramente e distintamente la mente e il corpo come due sostanze distinte; Dunque, la mente e il corpo possono essere separati almeno dalla potenza divina[…]Il segno distintivo della distinzione reale, quella che vige tra due sostanze è il poterle concepire senza contraddizione separatamente l’una dall’altra, e a questo modo di concepirle corrisponde la capacità di Dio di separarle in effetti, dal momento che Dio può fare tutto quel che appare possibile –non contraddittorio».
Ricapitolando possiamo dire che i presupposti della conclusione cartesiana sono: 1) le cose materiali limitatamente a quegli aspetti che sono oggetto di studio della matematica sono possibili perché sono studiabili secondo il numero, l’estensione e il moto locale; 2) esiste l’immaginazione che è facoltà di cose materiali nel senso che il suo oggetto sono le cose materiali presentate, si direbbe in linguaggio scolastico, con materia signata e non pensate astraendo da questa e prendendo in considerazione solo la materia comune, l’idea di materialità.; 3) E’ probabile almeno l’esistenza del proprio corpo perché, distinguendosi dal pensiero, per quello che abbiamo detto sopra, rimanda a qualcosa che è in me ma
non sono io, io che coincido con la mente. Ora è questo quida cui l’immaginazione rimanda che può essere il mio corpo. Un’altra distinzione importante per capire Cartesio è che io sicuramente sono res cogitansma non necessariamente devo immaginare qualcosa di ben determinato. Posso studiare il chiliogono anche senza immaginarmi alcunché di ben determinato che corrisponde a detto concetto. Il problema di Cartesio in queste pagine, come ha notato Sofia Vanni Rovighi in Filosofia della conoscenza (p. 131) è che Descartes rifiuta la conclusione dell’essere anche un io senziente perché dubita di avere un corpo. Ma, come dice la studiosa tomista, l’argomento non vale perché si ammette una evidenza primaria che è quella appunto di sentire. Ora Cartesio per eliminare l’inconveniente non fa altro che ridurre il sentire al pensare di sentire. Ma allora sentire non è atto della mente altrimenti si dovrebbe dire che la mente, il principio intellettivo, è capace anche di atti di sensazione. E allora come spiegare l’affermazione di Cartesio che sentire sono “modi” del pensiero? Rispondiamo di nuovo: sono pensieri: pensiero di sentire, ecc.. Dice Sofia Vanni Rovighi, a proposito di due passaggi della II meditazione che pure fa da presupposto alla Sesta, nel luogo citato:
«E non sono anche una cosa senziente? Cartesio risponde negativamente per due motivi: 1) perché per sentire occorre avere un corpo; 2) perché talvolta si crede di sentire, sognando, cose che in realtà non si sono sentite ma solo immaginato. Ora questi due argomenti non hanno valore. Non ne ha il primo, perché argomentare così “per sentire occorre avere un corpo,ora io dubito di avere un corpo, dunque dubito di sentire” significa rifiutare una premessa nota, solo perché l’ammetterla mi porterebbe a una conseguenza ancora ignota, significa rifiutare un dato immediatamente evidente solo perché l’ammetterlo mi porterebbe ad affermare una verità non immediatamente evidente….Il secondo argomento addotto da Cartesio per negare il carattere di immediata evidenza del sentire è pure privo di valore, perché dalle immagini e illusioni dei sogni si potrà, al più inferire che le cose sentite sono illusorie, non che sia illusorio il sentire» (p. 131)
Dunque non il sentire né l’immaginazione sono la mia essenza. Lo è il pensiero. E tuttavia i modi di pensare che sono l’immaginazione e la sensazione implicano passività. Ma se sono in me eppure non sono io allora poiché Dio non inganna e mi fa pensare chiaramente e distintamente a me e al mio corpo si inferisce l’esistenza del corpo che fino a questo momento era solo probabile. Argomento simile sarà usato per l’esistenza dei corpi esterni dove Cartesio circa la passività del sentire e dell’immaginare dice in sostanza che il termine del loro atto, il loro oggetto, ossia il sentito, ha una causa che non sono io. Abbiamo sopra detto che non può essere Dio che mi ingannerebbe facendomi credere fortemente e tendenzialmente che la causa del sentito sono i corpi fuori di me ne io ho e Lui me l’ha data una facoltà mentale per sapere con certezza che le idee delle cose materiali sono prodotte dal mio pensiero. dunque Ma se il pensiero è staccato radicalmente da tutto ciò che rimanda al corpo allora non solo è una sostanza separata ma è pure immortale perché non condivide nulla di ciò che è materiale.
Mario Padovano OP
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