Una “briciola” filosofica di Massimo Roncoroni: una breve riflessione sull’esperienza della finitezza che tutti noi facciamo e che costantemente ci interroga. Qual è il senso di questo mondo che passa? Qual è il senso del nostro stesso passare? Il mondo ha in sé la sua ragione? [Giovanni Covino].
Se – come dice Cioran – «il divenire è un’agonia senza epilogo e prologo», in sostanza senza capo né coda, origine e fine, allora la realtà di questo mondo è tutto (anzi: il Tutto): un sempiterno nascere/vivere/morire di enti che iniziano e finiscono senza fine e senso.
Il che, per la retta ragione, è assurdo in quanto contraddittorio e quindi falso. Ma, se il contraddittorio è falso, il contraddetto è vero.
Dunque, tutto ciò che diviene deve venire dall’Essere che, per originario atto di creazione, dal nulla (= in assoluta libertà) pone le creature in divenire da Lui, in Lui, per Lui, continuamente chiamandole e richiamandole a Sé (all’Essere) per «intelletto d’amore».
Questo, prima che fede nella vita eterna, è suprema scoperta della ragione nella sua valenza metafisica. Ragione che apre alla fede, atto razionale e ragionevole circa la sostanza delle cose da sperare e argomento delle cose che qui e ora non appaiono ancora.
Così insegna Gustavo Bontadini, “metafisico impenitente” in compagnia del Quale vale la pena di “riprendere a pensare”. Credenti e non credenti, purché uomini pensanti.
Massimo Roncoroni