Molte delle riflessioni di Hannah Arendt (1906-1975) riguardano i concetti di potere, politica, autorità, ma soprattutto di totalitarismo.
Il discorso su quest’ultimo argomento è un discorso complesso e delicato. La filosofa ha dedicato un poderoso volume a questo argomento, indagandone le origine e delineandone i contorni: The Origins of Totalitarianism, opera del 1951.
Per Arendt, solo con il nazionalsocialismo e con il comunismo si può usare il termine “totalitarismo”. Questo perché le caratteristiche del totalitarismo sono la dissoluzione delle classi sociali, e la conseguente massificazione, l’uso del terrore per il controllo della società, il ruolo del capo carismatico e, soprattutto, l’assenza totale di libertà con il conseguente annientamento della sfera pubblica, oltre che di quella privata. Insomma, secondo la filosofa, il totalitarismo non è una semplice dittatura.
Va oltre (in senso negativo, naturalmente).
«Le soluzioni totalitarie potrebbero sopravvivere alla caduta dei loro regimi sotto forma di tentazioni destinate a ripresentarsi ogni qual volta appare…
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