VIII.
Salaris entrò nel piccolo studio dell’appartamento e, stanco, pensieroso, si sedette sulla sedia guardando il paesaggio fuori. L’ora era tarda. Una leggera foschia si muoveva lenta tra le luci che illuminavano la città. Il caso, che il commissario aveva seguito in un certo senso da spettatore, stava prendendo forma. La famiglia Adelchi aveva seri problemi finanziari e tutti mostravano segni di insofferenza, in particolar modo Lamberto, il fratello di Dario. La sua rabbia, il suo modo di parlare avevano colpito Salaris. Ma il suo alibi teneva. Stessa cosa per i genitori: il padre era in evidente stato di sofferenza sia fisica che morale; la madre, donna fredda e austera, ma con una vita spesa per la famiglia. Poi il povero Folco… L’ex moglie, infine, aveva senza dubbio un movente vista la situazione che si era venuta a creare, ma anche in questo caso il suo alibi era a prova di bomba. Poco prima di rientrare, Sapi aveva confermato al commissario la presenza della donna con l’amante nel B&B.
Chi rimaneva?
Salaris rifletteva. Il tempo, che passava con la solita lentezza quella notte, s’intrecciava con i pensieri, che disegnavano sul volto del commissario crucciate espressioni. Qualcosa sfuggiva. Tuttavia, l’assassino doveva essere uno di loro. Non c’erano altre strade percorribili. Il commissario, mentre ripercorreva per l’ennesima volta i volti delle persone, le loro parole, le loro reazioni, si ricordò di aver visto che Folco aveva qualcosa sulle mani, c’erano delle bende non molto grandi. Avvicinandosi aveva notato questo piccolo dettaglio, ma in quel momento, colpito dalla situazione, non aveva pensato di chiedere spiegazione. Sapi non se n’era accorto. Tuttavia, quelle due ferite dicevano molto. Ora pensandoci bene potevano senza dubbio essere state causate dal tentativo di liberarsi da una stretta mortale. E Folco era abbastanza grande e robusto da poter avere la meglio su Dario. Certo le cose quadravano, ma non c’erano prove. Salaris doveva escogitare un modo per scoprire le carte e risolvere il caso.
Se non hai letto i capitoli precedenti, segui i link:
- L’eredità longobarda. Un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, I.
- L’eredità longobarda. Un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, II.
- L’eredità longobarda. Un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, III-IV.
- L’eredità longobarda. Un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, V.
- L’eredità longobarda. Un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, VI.
- L’eredità longobarda. un’indagine “fuori porta” del commissario Salaris, VII.

IX.
La mattina del giorno seguente[MOU1] , Salaris entrò in centrale e chiamò immediatamente Sapi e Grieco. Espose la sua teoria. I due ascoltavano attenti.
«Dobbiamo ritornare in quella casa…non abbiamo prove, è vero, ma dobbiamo trovare un modo per far crollare qualcuno della famiglia…dobbiamo tentare» – disse con voce ferma Salaris.
«Sì, sono d’accordo, ma sai che rischiamo tanto?» – disse Sapi.
Grieco ascoltava e annuiva.
«Lo so, è un bel rischio, ma non ci sono altre possibilità. La moglie ha un alibi, e dal mondo che frequentava Dario non è emerso nulla di sospetto. L’unica strada è quella della famiglia. E forse ho compreso anche perché si è arrivati a tanto…».
Giunti lì, il commissario fece riunire tutti nella stessa sala. E cominciò:
«Le cose non erano per nulla chiare, ma poi la scorsa notte tutto è andato al proprio posto. Sappiamo chi ha ucciso Dario».
Il silenzio calò nella stanza. Anche lo scoppiettio del camino sembrava aver sentito il peso di quelle parole.
«L’assassino è Folco».
Tutti si guardarono intorno. E guardarono Folco che sembrava, come l’ultima volta, perduto nei suoi pensieri.
«L’assassino è lui o almeno lui ha commesso il delitto, ma la mente dietro tutto questo è un’altra. I graffi sulle mani sono il tentativo da parte di Dario di liberarsi dalla stretta di Folco. Folco, però, è stato costretto da un’altra persona e questa persona è il fratello».
Lamberto non disse nulla. Scoppiò a ridere.
«Non c’è nulla di divertente, sig. Adelchi. Abbiamo le prove».
Il commissario stava giocando un gioco pericoloso. Le prove non c’erano. Aveva una sola carta: alzare la pressione per far crollare qualcuno della famiglia.
«I messaggi della sua ex cognata, ci dicono di un uomo innamorato ed estremamente geloso. Lei voleva a tutti i costi la moglie di suo fratello che però – come ha ammesso ieri in centrale – non voleva far altro che approfittarsi non solo di Dario, ma di tutti voi, delle vostre ricchezze. Lei non aveva alcuno interesse se non il proprio. Vi ha messo l’uno contro l’altro. La passione ha annebbiato il Suo giudizio e Lei è caduto nella trappola. Quando abbiamo parlato di Lei alla signora Erika, ieri, il suo unico commento è stata una fragorosa risata…».
Il volto di Lamberto stava iniziando a cambiare. Divenne paonazzo. Sembrava stesse per esplodere.
«…ma qui viene la parte peggiore del suo piano: ha approfittato della disabilità di suo fratello Folco. Lo ha portato fuori per una passeggiata e visto che lui si fida ciecamente, ha fatto tutto quello che gli ha detto di fare. Siete arrivati a Pavia, sotto Ponte Vecchio. Lì lei aveva un appuntamento con suo fratello. Nella penombra, Folco non poteva riconoscere Dario e ha dato le sue macabre indicazioni…solo alla fine Folco si è reso conto che la vita che si stava spegnendo era quella di Dario…da qui il turbamento degli ultimi giorni…».
«Non è così commissario…non ci sono prove…noi siamo stati a casa, come abbiamo già detto…» – disse Lamberto con un tono sempre più nervoso.
«Basta!» – disse il padre. «Tua madre ti ha visto e ti ha sentito parlare con Folco. Mi ha raccontato tutto. Sii uomo una buona volta!»
Adelmo, nel pronunciare quelle parole, sembrava un uomo nel pieno del suo vigore, nonostante l’età e la visibile sofferenza.
«Non mentire sempre!».
«Ma…io…non ho fatto nulla…».
«Invece ha fatto proprio questo» – disse il commissario.
La carta che aveva giocato era stata quella giusta. Sapeva di poter far leva sull’onestà del padre e sulla madre che nonostante le apparenze voleva molto bene a Dario. A quel punto Lamberto crollò. La fragorosa risata si trasformò in un patetico pianto ai piedi della madre che era ferma, impassibile come una statua di marmo. Nessuna emozione trapelava. Adelmo, invece, fissava il fuoco che pian piano consumava la legna nel camino. Forse il fissare la cenere del camino era, per lui, come vedere la fine della sua famiglia. La distruzione ultima dell’eredità longobarda.
«Commissario, come sapeva tutte quelle cose?» – chiese Grieco.
«Molte le avevo intuite ascoltando l’ex moglie di Dario. Il suo riferimento alla gentilezza di Dario mi sembrava un richiamo indiretto alla rabbia di Lamberto. Invece, la rabbia di questi nei confronti di Erika era un camuffato innamoramento, una palese gelosia. Quando mi è venuto in mente il dettaglio di quelle piccole ferite e ho pensato allo strano turbamento di Folco ho messo insieme i pezzi. Non avevamo nessuna prova. Solo l’intuizione di una storia che filava…dovevamo tentare in questo modo…».
«Ottimo lavoro, commissario!».
[continua].
Giovanni Covino



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