Per un’ontologia dell’intelligenza. Filosofia e AI

Oggi non si fa che un gran parlare sulla cosiddetta intelligenza artificiale. Eppure tutti danno per scontato non il significato (che magari non conoscono nemmeno) ma l’uso del termine intelligenza applicato alle macchine computazionali. Cercheremo di dimostrare in base alla teoria aristotelico-tomista che senza la capacità di concetti astratti non vi può essere intelligenza (finita) di sorta e che quella che chiamiamo intelligenza non può emergere, come si dice, da un livello, da un supporto, fisico e materiale, ma che è una facoltà della forma sostanziale umana che l’antropologia “classica” ha chiamato anima razionale e ha provato (non nel modo in cui si prova qualcosa nelle scienze cosiddette galileiane) che essa è immateriale (spirituale).

Dobbiamo però fare una prima precisazione: computare è solo una delle operazioni dell’intelligenza e che all’interno della seconda e terza operazione (giudicare e ragionare) essa è a sua volta una specie e così non esaurisce tutto quello che può essere l’operazione del giudicare e quella del ragionare.

Una seconda precisazione pure è d’uopo che si faccia: la materia è principio di individuazione nelle sostanze ilemorfiche. Alcuni hanno messo in discussione questo principio ma qui si cercherà di difenderlo. Ebbene non si sta parlando del principio “ogni ente è individuo” ma precisamente di come un ente materiale si individualizzi. Una sostanza ilemorfica è una sostanza composta di materia e forma. Ora non la materia rende la forma quella che è, ma per definizione, è la forma che porta l’informazione per cui la materia sarà di questo o quell’altro tipo. Difatti forma dat esse, nel senso che è attraverso la forma che il composto avrà l’atto d’essere e la differenza specifica quale principio di essenza. E l’essenza viene chiamata anche quiddità e forma, come dice Tommaso d’Aquino nel De ente, perché l’essenza è l’informazione che attraverso la forma stessa si trasmette alla materia in modo tale da risultarne il composto. Ad esempio umanità è l’essenza dell’uomo ma l’umanità si deve primariamente alla forma. Ora l’umanità è simpliciter loquendo logicamente estensibile all’infinito: non coincide con nessun uomo singolo eppure l’essere uomo si predica ed appartiene ad ogni uomo. L’essere uomo trascende quindi il singolo uomo in qualche modo. Per questo non è individua in quanto res la forma l’essenza (lo sarà semmai in quanto conceptum). Ora io vedo tanti enti che hanno la stessa essenza ma nessuno di essi la esaurisce, essendo essa universale. Non mi resta che chiedermi come una essenza universale si individualizzi nei diversi enti suddetti. Se fosse già individua avrebbe proprietà opposte ad un tempo e sotto lo stesso aspetto, ma ciò è contraddittorio. Dunque c’è un principio di individuazione. A questo punto la domanda è: tale principio di individuazione nelle sostanze ilemorfiche è la materia o la forma?

Prendiamo il caso che sia la forma. Ora la forma, abbiamo detto, è il principio della differenza specifica. Se tale forma fosse principio di individuazione non potrebbero darsi individui numericamente molteplici della stessa specie, ma ogni individuo sarebbe specie a sé. Ma ciò non vale per le sostanze ilemorfiche le quali evidentemente sono molteplici numericamente nella stessa specie. Difatti la differenza specifica è comune a tutti gli enti ilemorfici aventi la stessa essenza. La differenza specifica è ciò che fa l’essenza primariamente, pertanto essa stessa è universale e non individuale fisicamente. A questo punto dobbiamo escludere che sia la forma il principio di individuazione delle sostanze ilemorfiche perché, come detto, non potrebbero esserci individui numericamente separati e distinti della stessa specie. Resta dunque che la materia (signata) lo sia, contraendo la forma come la potenza “contrae” l’atto.

Fatte queste due precisazioni passiamo ad indagare l’intelligenza come facoltà dell’universale. Ci concentriamo primariamente sulla abstractio formalis. Posto che la materia signata è principio di individuazione, astrarre dalle note individuanti ad essa intrinseche è trascendere la materia stessa a quel primo livello che coincide con il livello scientifico delle scienze fisiche (biologia, chimica, fisica, ecc,) ed è un primo livello di de-materializzazione. Ma il processo astrattivo non finisce qui: possiamo astrarre anche dalla materia comune e considerare la materia nelle sue caratteristiche in quanto materia (estensione, figura geometrica, ecc.) e abbiamo così le matematiche. Possiamo chiamare questo livello, livello di de-materializzazione di 2° grado. Ma ancora, l’intelligenza può considerare la materia in quanto tale, come principio ontologico e gli enti materiali non in quanto materiali ma proprio in quanto semplicemente enti. Siamo così al 3° livello di de-materializzazione che è la separatio. L’intelligenza separala stessa materia dalle sue note matematiche per considerarla come principio dell’essere delle sostanze ilemorfiche. E ancora più avanti: l’intelligenza separa in senso proprio la nozione di ente da quella della stessa materia perché la nozione di ente non è semplicemente astratta dalla materia ma è prima di ogni considerazione sul mondo materiale e la materia stessa. Né la nozione di materia coincide con quella di essere né segue a quella di essere necessariamente, perché in linea di principio almeno si può sempre ipotizzare l’esistenza di enti immateriali ed inoltre perché le sostanze ilemorfiche non sono costituite solo da materia ma anche da forma il che equivale a dire che il loro essere non si riduce a nessuna delle due. La nozione di ente è presupposta a quella di ente materiale: nulla potrebbe essere qualcosa, nemmeno qualcosa di materiale, se non fosse primariamente ente. La nozione di ente è la prima in senso assoluto ed è id quod habet esse, non può includere né escludere in sé né l’essere materiale né l’essere immateriale. Ma come abbiamo detto la nozione di ente materiale e dunque di materia presuppone quelle di ente. Inoltre la nozione di ente è trascendentale ossia si predica di qualsiasi categoria e dunque non coincide nemmeno con quella di sostanza né con quella di accidente, ma nulla che è materiale può non essere sostanza o accidente. Inoltre l’ente in quanto ente come concetto nella sua intensione non ha nulla di quello che compete alla materia in quanto tale: estensione, figura geometrica ecc.. In realtà in quanto concetti nessun concetto ha tali proprietà fisiche ma l’estensione e l’intensione sono predicate dei concetti logicamente per analogia.

A questo punto la conclusione: l’intelligenza è ontologicamente la facoltà dell’universale e del trascendentale e proprio per questo è ontologicamente trascendente la materia e non può essere ridotta ad essa né ad un organo corporeo né ad una sua proprietà fisica. Un concetto, in quanto concetto, non ha né tempo né spazio né moto né grandezza. L’anima umana è immateriale e irriducibile a una qualsivoglia proprietà emergente del cervello. È specificamente distinta da tutto ciò che è materiale. Neppure può essere considerata una “proprietà” emergente di un organo corporeo perché si darebbe il caso che il più sia causato efficientemente dal meno, il che è palesemente assurdo.

Occorre dunque dire che non basta che una macchina trasporti una informazione su un segnale fisico per essere intelligente, essa dovrebbe saper cogliere l’informazione in quanto tale, absolute, senza nemmeno il segnale e il supporto fisico necessario per la sua stessa propria operazione.

Mario Padovano

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