E chi è che vien trotterellando sul mio ponte? IT: non solo un horror/parte 1

IT è uno dei romanzi più conosciuti, nonché tra i più letti dello scrittore statunitense Stephen King. Pubblicato nel 1986, questo best seller ha ispirato numerosi registi, come dimostrano la miniserie andata in onda nel 1990 e le trasposizioni cinematografiche del 2017 e del 2019.

In un’intervista, l’Autore ha dichiarato che l’ispirazione che ha dato vita al personaggio è nata mentre attraversava un vecchio ponte di legno a Boulder (in Colorado) dove viveva con la sua famiglia. Quel semplice fatto della routine quotidiana gli riportò alla memoria la favola norvegese dei tre caproni, Three Billy Goats Gruff: King decise così di trasformare il troll in un terrificante incubo fluido calando la storia in un contesto urbano e intrecciando magistralmente numerose tematiche – dall’innocenza perduta alla violenza, dal razzismo al moralismo, dai conflitti generazionali a problematiche di natura politico-economica – intorno al tema centrale della paura.

In virtù di quanto appena detto, è riduttivo inserire il romanzo di King nella sola categoria “horror”. Certo, la tensione è presente in ogni pagina del testo, è un filo che conduce tutti gli avvenimenti, ma nelle descrizioni degli ambienti, delle vita, nell’intreccio delle storie troviamo qualcosa di più profondo come appunto il non sentirsi compresi da coloro che ci circondano o la solitudine che si prova dopo il dolore lancinante di una perdita.

No, non erano veri. I mostri della televisione e i mostri del cinema e i mostri dei fumetti non erano veri. Non fino a quando si andava a letto e non si riusciva a dormire; non fino a quando non venivano fatti fuori gli ultimi quattro pezzetti di dolce avvolti in un tovagliolo di carta e conservati sotto il guanciale per tenere lontane le forze maligne della notte; non finché il letto si trasformava in un lago di sogni rancidi e il vento gridava fuori della finestra dove avevi paura di guardare perché poteva esserci una faccia, un’antica faccia ghignante che invece di marcire era semplicemente seccata come una foglia vecchia, gli occhi sprofondati come diamanti in una miniera, nel fondo di orbite buie; non finché vedevi una mano devastata, quasi un artiglio, che reggeva un grappolo di palloncini. Vieni a vedere tutte le meraviglie, prendi un palloncino, dai da mangiare agli elefanti, gioca sullo scivolo! Ben, oh Ben, vedrai come volerai…

Stephen King, IT, Edizione speciale Pickwick BIG, Milano 2019, pp. 224-25.

In fondo, la creatura che cambia aspetto e che invita a giocare fa leva su ciò che ci è più caro, sulle nostre debolezze e ci alletta con un palloncino che potrebbe, con il suo andare verso l’alto, alleggerire il peso presente nel nostro cuore. Ecco perché la creatura si trasforma e si muove sul terreno di un neutro It. Si adatta alla nostra fragilità.

«E mentre l’immagine che Eddie aveva di It cominciava a dissolversi lentamente, It cominciava prontamente a trasformarsi in qualcos’altro».

IT, p. 277.

Il viaggio, dunque, è un più di un semplice horror. King ha riversato in esso, come anche in altri romanzi, aspetti della nostra vita intima, della nostra condizione umana. Potrebbe essere esemplificativo l’atteggiamento del padre di Bill dopo la morte di George: il lutto lo ha trasformato, rendendolo quasi un guscio vuoto, il dolore ha lacerato il suo animo.

Non aveva più manifestato preoccupazione per alcuna cosa dopo la morte di George. Prima era stato severo. Giusto, ma severo. Poi era diventato facile raggirarlo. Assumeva ancora atteggiamenti paterni, faceva gesti da padre, ma dietro non c’era niente. Era come se tendesse costantemente l’orecchio in attesa di sentire George che tornava a casa.

IT, p. 230.

Ecco perché è riduttivo parlare di IT come di un semplice romanzo horror. Potremmo definire il testo come una corsa, come una di quelle che Bill compie, nel romanzo, su Silver, la sua grande e grossa bici.

IT è così: un romanzo da leggere seguendo l’esempio di Bill, «curvo sul manubrio…per battere il diavolo» (p. 240) [continua].

Giovanni Covino

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