La riflessione di Jacques Maritain e la tradizione del senso comune

Propongo questa interessante recensione del prof. Marco Ivaldo (già ordinario di filosofia morale presso l’Università Federico II di Napoli) che analizza alcuni «aspetti di interesse» del mio ultimo lavoro su Jacques Maritain con una nota finale che stimola ad ulteriori riflessioni sulla conoscenza per connaturalità [Giovanni Covino].

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Questo volume è significativo per diversi aspetti. Anzitutto esso consente di riprendere familiarità con quella che viene chiamata la “tradizione del senso comune”, alla quale Antonio Livi in Italia ha dedicato puntuali  ricostruzioni e argomentate ricerche. Secondo  Livi, in un testo riportato da Covino,  senso comune è un termine filosofico  per riferirsi ad alcune «ben precise evidenze originarie che costituiscono qual sapere epistemico di fondo che risulta incontrovertibile in quanto è  di fatto il presupposto di ogni altro sapere epistemicamente valido» (p. 22).  Covino ci offre così una interessante pagina di storia della filosofia, ricostruendo la posizione e la visione del senso comune nella filosofia antica, cristiano/medioevale, moderna e contemporanea. Il lettore trova così importanti informazioni e accurate riflessioni su Platone, Aristotele, Giustino, Tommaso, Pascal, Vico, Reid, Jacobi, Rosmini, Moore, Searle, Gadamer, Pareyson fino a Garrigou-Lagrange, Gilson e Maritain.

Qui s’innesta il secondo aspetto di interesse di questo libro: viene preso in considerazione il ruolo del senso comune nel pensiero di Maritain, che intendeva il senso comune come quel “nocciolo solido di vere certezze” che è presente nella coscienza di tutti gli uomini, in ogni tempo, e che emergono in maniera spontanea con l’attivarsi dell’uso della ragione in noi.

Questo approccio a Maritain consente di aprire un accesso produttivo  al pensiero globale del filosofo francese, sicché si deve aggiungere – terzo aspetto di interesse – che questo di Giovanni Covino è un libro sul pensiero speculativo di Maritain, con il quale l’Autore non teme anche di misurarsi teoreticamente, dopo averlo attentamente ricostruito.

In particolare Covino problematizza la distinzione di Maritain fra una conoscenza per modo di inclinazione (a-concettuale) e una conoscenza per modo cognizione (concettuale). È la prima forma di conoscenza (designata anche come conoscenza per connaturalità) che introduce la mente alle certezze del senso comune, le quali abbracciano evidenze sensibili (es. i corpi sono estesi), evidenze intelligibili (es. il tutto è maggiore della parte) e conclusioni prossime da questi principi. Potrebbe tuttavia effettivamente darsi una conoscenza non mediata da concetti, chiede Covino in rapporto a questa impostazione?

A questo interrogativo Maritain potrebbe contro-argomentare, mi sembra, che la nostra conoscenza concettuale è radicata su una base intuitiva, o (per dire la cosa con Jacobi) su una base percettiva (wahr-nehmend), e che proprio da questa base intuitiva emerge quella specifica forma di conoscenza spontanea (prediscorsiva, ma reale) che chiamiamo senso comune, sulla quale agisce la conoscenza per concetti, ordinaria e filosofica.

Il libro di Covino ha il merito,come si intende da questo abbozzo di domande, di sollecitare a pensare e ripensare domande fondamentali, di carattere epistemologico e metafisico.    

Marco Ivaldo   

Università degli studi Federico II – Napoli

Il presente saggio non è tanto uno studio sul pensiero di Jacques Maritain, per altro esposto con ampiezza d’equilibrio teoretico e storiografico, quanto piuttosto la verifica dell’incidenza e dell’energia di posizione in esso giocata dalla nozione di senso comune.

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