In uno di quei racconti che vengono dal «piccolo mondo di un mondo piccolo», troviamo una delle riflessioni più belle e profonde di Giovannino Guareschi: un pensiero breve, ma ricco di significato che, nella sua semplicità, offre interessanti spunti per una riflessione sul mistero del Dio-con-noi.
Leggiamo: «E fra mille anni la gente correrà a seimila chilometri l’ora su macchine a razzo superatomico e per far cosa? Per arrivare in fondo all’anno e rimanere a bocca aperta davanti allo stesso Bambinello di gesso che, una di queste sere, il compagno Peppone ha ripitturato col pennellino». Ci sono due cose su cui vorrei soffermarmi brevemente: la corsa delle persone e lo stupore. Da un lato, la nostra propensione all’attivismo, ad un moto perpetuo spesso privo di meta; dall’altro l’inevitabile stupore che si prova in un giorno preciso dell’anno, il giorno del Natale.
Perché la gente così tanto indaffarata è attratta da quel Bambinello? Perché è così tanto radicato questo giorno nel cuore delle persone?
Difficile a dirsi. Eppure, come i pastori in quella notte, anche oggi molti s’incamminano per vedere la luce del Bambinello. Per molti con la sua nascita «l’inverno è passato» e «i fiori sono apparsi nei campi», è tornato «il tempo del canto» (Cantico dei Cantici, 2, 11-12). In Lui, in quel bambinello adagiato tra le braccia di Maria, molti trovano quanto necessario per placare la nostra sete di verità e il nostro desiderio di bene. È proprio qui la risposta: nella semplicità di una nascita, troviamo il senso della Storia, della nostra storia. E allora: «Chiunque tu sia che guardi estatico questo giorno ammira Colui che permane eterno al di là di ogni giorno, Colui che ha creato la successione dei giorni, che ha la sua nascita in un determinato giorno e libera dal male che è nel giorno (S. Agostino, Discorso 369, 1). Perciò illuminiamo la tristezza della situazione attuale guardando la luce di questo grande mistero, del mistero del Bambinello adagiato sulla paglia tra il bue e l’asinello. Lui, che del mondo è il Creatore, si fa piccolo per condurci fuori dalla nostra piccolezza, assume la mortalità per darci l’immortalità.
Quindi, sì, fra mille anni, le persone ancora si stupiranno del Bambinello: è lo stupore che si prova davanti al mistero dell’Eterno che entra nel tempo, dell’Infinito che si piega sul finito e dice: «Rallégrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!» (Sofonia, 3, 14).
Giovanni Covino
Articolo pubblicato dagli amici di Club Theologicum